Categorie: Massimo Randolfi

A. Biondino: “A volte penso che bisognerebbe radere tutto al suolo e ricominciare”

Biondino è arrogante e pessimista. È questo che mi si risponde spesso, quando provo (leggi, esperienze e testimonianze alla mano) ad analizzare i punti che, a mio modo di vedere, incatenano la professione infermieristica al mestiere di un tempo; ovvero quello senza né scienza né coscienza che portava il nostro stesso nome.

Arrogante e pessimista, mi viene detto, quando provo a far uscire le menti di alcuni colleghi da quella vorticosa e ipnotizzante spirale fatta di concetti fuori dal tempo e usati da sempre nell’infermieristica in modo distorto (in primis per sfruttare i lavoratori) come olismo, umiltà, missione, vocazione, ecc.

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Arrogante e pessimista. Cieco, anche, visto che secondo alcuni colleghi non vedo e non voglio vedere i tanti progressi fatti dalla categoria negli ultimi 24 anni, ovvero dall’avvento del decreto 739/94 con la cascata di leggi che sono seguite dopo.
Ho provato a rifletterci su e… Non mi sento né arrogante né pessimista. Tantomeno cieco. Sì, sulla carta è stato fatto tanto per la crescita degli infermieri. Ma è la realtà, il problema… Quella lontana dalla carta, dalle poltrone e dagli uffici dove si produce altra carta e si lotta per migliorarla, senza però rendersi conto di aver perso contatto con la vita vera della professione e senza mai affacciarsi nelle università per capire cosa diavolo stanno combinando docenti e tutor.

È che Biondino ne ha viste tante e di davvero inspiegabili. Incredibili. Assurde. Ha visto infermieri fare il bidet ai pazienti con disinfettanti concentrati a base di clorossidante elettrolitico… Ha visto prendere un pallone autoespandibile per aspirare acqua da una bacinella col fine di detergere il perineo di un utente (la collega non aveva riconosciuto un pallone AMBU senza maschera e reservoir e si è confusa, pensando che fosse un dispositivo per l’igiene perineale)…

Ha visto clampare un pene da una laureanda (poi laureatasi senza troppi problemi) per non sporcare le lenzuola di urina… Ha visto “professionisti” laureati che lavavano pavimenti delle ambulanze, facevano lavatrici, lavavano i piatti, stendevano panni, si dedicavano anima e corpo agli effetti letterecci e sbrigavano commissioni “per il bene dei pazienti”; ha visto OSS “insegnare” delle benemerite castronerie a infermieri, che apprendevano silenti, senza battere ciglio; ha visto colleghi felici di comportarsi come barellieri e autentici sguatteri nelle cliniche chirurgiche; ha visto cateteri vescicali finiti quasi in utero essere sfilati dalla vagina e reinseriti in uretra; ha visto vie aeree avanzate manipolate con mani imbrattate di feci; ha visto interi battaglioni di infermieri non lavarsi le mani

; ha visto “professionisti” firmare cose o contratti che nemmeno l’ultimo degli inetti avrebbe sottoscritto; ha visto gente in infradito e calzoncini essere promossa ad esami “universitari”, tra l’altro senza che sapesse esprimersi in un italiano accettabile o avesse studiato alcunché.

Al di là di qualche realtà virtuosa che fortunatamente esiste, la categoria infermieristica è fatta anche di tutto questo, purtroppo. Che ci incatena stabilmente in un limbo fatto di scarsa credibilità (VEDI la recente perla di Forchielli), di scarso riconoscimento e di scarsa consapevolezza professionale. E che è figlio di leggi mai applicate, di dinamiche corrotte e tipicamente italiane, di una denominazione troppo legata a stereotipi e “servitù” ospedaliera, di un’equipollenza dei titoli scritta coi piedi e di un percorso universitario ridicolo, che rilascia un certificato di laurea a chi sciacqua padelle e pitali col sorriso. Negarlo e non parlarne sarebbe da ipocriti. Da struzzi. E io non lo sono.

Come agire per rimediare a questo ventennale scempio? Beh, Biondino pensa che tutto ciò sia tanta, troppa roba da affrontare tutta insieme; e che, a fronte di questo, tale scempio sia perciò difficilmente sanabile. È come quando un’automobile ha diversi problemi e il prezzo per risolverli uno ad uno supera di gran lunga quello per l’acquisto di una macchina nuova: bisogna ricominciare.

So che il concetto che sto per esprimere farà imbufalire molti, ma… A volte penso davvero che l’infermieristica Italiana andrebbe rasa al suolo, prendendo atto dei tanti errori fatti, degli esperimenti falliti e della “truffa universitaria” (la laurea) che, con la creazione del CdL suddetto, è stata venduta senza ritegno a migliaia di ignari e speranzosi cittadini, tra cui molti credevano davvero di diventare dei professionisti seri e riconosciuti (ma che ora sono depressi fino al midollo), ma che si sono ritrovati impantanati in un una terra di mezzo.
Andrebbe rasa al suolo. E poi ricreata da qualcuno, magari da un’élite di illuminati votati da tutti gli infermieri professionisti italiani, che abbia un po’ di sale in zucca e non abbia interessi strani, tra cui quello di genuflettersi di continuo di fronte alla classe medica o ad altri poteri forti. Il tutto per far nascere, ovviamente, qualcosa con un nome diverso (“infermiere professionista” è di fatto un ossimoro, vista la storia della categoria e visto ciò che si vede da sempre negli ospedali di tutta Italia), con competenze più specifiche e, se le condizioni economiche sono e saranno queste (non c’è niente da fare: SIAMO LO STIPENDIO CHE PERCEPIAMO!), senza nessuna autonomia professionale. Avete capito bene: meglio “paramedici” preparati e con le idee chiare su procedure, protocolli e “mansioni” piuttosto che finti professionisti, spesso inconsapevoli circa le proprie reali competenze, a volte sprovveduti, pagati due soldi, ma con la responsabilità dell’assistenza generale infermieristica (che si palesa davvero SOLO davanti ai giudici). E, cosa da non sottovalutare, con la licenza di uccidere…

Redazione Nurse Times

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