Aborto: il punto di vista di un medico non obiettore

Pubblichiamo l’intervista realizzata da Marilena Marcucci a un professionista anonimo.

Il tema è delicato. Una legge, la 194/78, che consente alla donna di abortire entro i primi 90 giorni della gravidanza. Cosa penso io è relativo. Non sono qui per giudicare le donne che scelgono questa pratica: anch’io sono umana, ho un’etica e provo sentimenti. Il mio lavoro esula dal pregiudizio, ma conoscere il pensiero di un ginecologo, non obiettore di coscienza, che si trova di fronte a questa realtà mi incuriosiva.

Secondo il Codice deontologico degli infermieri:

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– dobbiamo garantire il diritto alla salute principalmente (art.6);

– orientare l’azione al bene dell’assistito e quindi attivare tutte le risorse per raggiungere quest’obiettivo (art.7);

– trovare soluzioni attraverso il dialogo nel caso di diverse visioni etiche (art.8).

Non si può rifiutare assistenza a una donna che sceglie di abortire: questo è uno Stato laico e l’assistenza è un diritto per il paziente e un dovere per un operatore sanitario. Per motivi di privacy non citerò il nome del medico che ho incontrato. Ecco l’intervista da me realizzata.

Sono passati quarant’anni dall’entrata in vigore della legge 194. Un medico può scegliere se essere obiettore di coscienza o meno, lei ha deciso di non esserlo. Si è mai sentito discriminato nella sua scelta dai colleghi o dalla società in generale?

“Dai colleghi può capitare, ma non più di tanto: la vedono solo come una scelta personale. Una volta, in pronto soccorso, una paziente si rifiutò di farsi visitare da me. In realtà, avendo fatto questa scelta, ho poco margine di crescita professionale. Dovendo dedicare più tempo all’interruzione volontaria di gravidanza, non riesco a specializzarmi su altre procedure ginecologiche. Di non obiettori non ce ne sono, ma le richieste di Ivg sono tante”.

Il livello di istruzione e l’interruzione di gravidanza sono correlati?

“No, qualsiasi titolo di studio, qualunque età, non c’è differenza. In realtà la donna è poco consapevole di come funziona il suo corpo e ci vorrebbe più informazione sulle metodiche contraccettive”.

Dal momento in cui la donna si rivolge alla struttura per praticare l’Ivg ci sono 7 giorni di tempo per ripensarci, fino ad un secondo prima. A quanti ripensamenti ha assistito?

“Sì, capita, ma di solito non si presentano”.

Quando ha praticato il primo aborto, quali sono stati i suoi sentimenti?

“Niente in particolare, ho pensato di fare del bene in quel momento per quella donna. L’aborto, comunque, è un lavoro sporco. Non crediate che mi piaccia, ma se decidi di fare il medico, non puoi dire questo lo voglio fare e questo no, altrimenti avresti fatto altro nella vita. Del resto, c’è una legge. In Inghilterra chi fa la diagnosi di malformazioni del feto pratica l’Ivg. Qui in Italia, invece, il lavoro sporco è demandato ai non obiettori”.

In cliniche private e ospedali pubblici esistono liberi professionisti che praticano l’aborto, speculando sulla pelle delle donne. Cosa ne pensa a riguardo?

“Pericolosi e illegali, ma rispetto al passato non se ne sente parlare più di tanto”.

Anche se siamo nel 2018, una donna che decide di abortire sembra portare una sorta di lettera scarlatta. Quanta vergogna le è capitato di vedere nei loro occhi?

“Vergogna, forse, no. Più disperazione, direi”.

Marilena Marcucci

 

Redazione Nurse Times

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