Autismo, studio rivela: diuretico dell’ansa riduce gravità dei sintomi.

Incoraggianti i risultati preliminari, che rivelano come la bumetanide abbassi i livelli del neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico (GABA).

La bumetanide, diuretico dell’ansa, sembra migliorare alcuni dei principali sintomi comportamentali dell’autismo, diminuendo i livelli del neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico (GABA). È quanto sostiene una ricerca pubblicata online su Translational Psychiatry. A condurla sono stati i ricercatori guidati da Ching-Po Lin, della National Yang-Ming University di Taipei (Taiwan), rilevando che i bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD), trattati con il diuretico per tre mesi, hanno ottenuto un punteggio migliore su una scala comportamentale che misura la risposta emotiva e la comunicazione verbale e non verbale rispetto ai bambini che assumevano un placebo. Secondo gli autori, questo studio è importante perché significa che esiste un farmaco in grado di migliorare l’apprendimento sociale e ridurre i sintomi dell’Asd durante il periodo in cui il cervello dei bambini è ancora in via di sviluppo. La bumetanide ha dimostrato in precedenti ricerche di migliorare i sintomi dell’Asd. Tuttavia il nuovo studio fa luce sul meccanismo di azione del farmaco, che altera il rapporto tra GABA e glutammato nel cervello. “Questa – scrivono gli autori – è la prima dimostrazione che la bumetanide migliora la funzione cerebrale e riduce l’entità dei sintomi diminuendo la quantità di GABA nel cervello. Comprendere questo meccanismo è un passo importante verso lo sviluppo di nuovi e più efficaci trattamenti farmacologici”. Lo studio ha incluso 83 bambini dai tre ai sei anni, con autismo da moderato a grave: 42 sono stati trattati con 0,5 mg di bumetanide due volte al giorno per tre mesi, e 41 nel gruppo di controllo non hanno ricevuto alcun trattamento. Al basale, entrambi i gruppi avevano punteggi simili sulla scala di valutazione dell’autismo infantile (CARS, Children Autism Rating Scale). Rispetto al gruppo di controllo, il gruppo bumetanide ha mostrato una riduzione significativa della gravità dei sintomi, come indicato sia dal punteggio CARS totale sia dal numero di singoli elementi con un punteggio pari o superiore a 3. Il miglioramento dei sintomi clinici è stato confermato dall’impressione generale di un medico che era in cieco rispetto al gruppo di studio. Particolarmente degne di nota sono le diminuzioni nel comportamento ripetitivo e il ridotto interesse per gli oggetti nei bambini che assumono bumetanide. Gli autori riportano una loro esperienza clinica: “La madre di un bambino di quattro anni che vive in una zona rurale fuori Shanghai, che ha ricevuto il trattamento, ha detto che ora era più bravo a stabilire un contatto visivo con familiari e parenti, ed era in grado di partecipare maggiormente alle attività”. Studi di neuroimaging
hanno mostrato che tre mesi di trattamento con bumetanide erano associati a una riduzione del rapporto tra GABA e glutammato in due regioni chiave del cervello: la corteccia insulare, che svolge un ruolo di empatia e autocoscienza, e la corteccia visiva, che è responsabile per l’integrazione e l’elaborazione di informazioni visive. Questa riduzione del rapporto GABA/glutammato era associata a una riduzione della gravità dei sintomi. “Poiché l’interazione sociale e la comunicazione iniziano molto presto nella vita, è meglio usare la bumetanide il più presto possibile dopo la diagnosi – sottolineano gli studiosi -. Ciò offre la migliore possibilità possibile ai bambini con ASD di sviluppare il contatto visivo, il sorriso e altre forme di comunicazione sociale, e di avere una buona qualità della vita e di benessere”. Lin e colleghi precisano però che sono necessari ulteriori studi. Se i risultati di uno studio clinico su larga scala, in doppio cieco, controllato con placebo “replicheranno i risultati del nostro studio e scopriranno che la bumetanide è sicura ed efficace nel ridurre i sintomi nei bambini con Asd moderato e grave, si avrà un trattamento”. Ma per questo ci vorranno “probabilmente tra i tre e i cinque anni”. Redazione Nurse Times Fonte: PharmaStar  
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