Categorie: Normative

Baby Birth, ovvero come sprecare milioni per una cosa inutile

Introduzione di Papagni Giuseppe

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Vi proponiamo questo articolo di Salvo Di Grazia, tratto da “Le scienze Blog, Salute e bugie” che mette in chiaroscuro alcune scelte di politica sanitaria che avrebbero avuto bisogno di essere condivise ed elaborate insieme alla comunità scientifica per evitare di portare avanti proposte non utili alla salute pubblica, ma solo alle tasche di alcuni. Il Baby Birth, dispositivo introdotto in Italia scatena una serie di valutazioni sull’opportunità e il reale beneficio per i cittadini, tanto da sollevare polemiche nella comunità scientifica.

Una scelta voluta dalla lobby?

Sarebbe stato opportuno coinvolgere attraverso un organo consultivo costituito da liberi cittadini addetti ai lavori, professionisti, su ogni scelta che impegni denaro pubblico?

L’analisi dettagliata offerta in questo articolo. 

Baby Birth, ovvero come sprecare milioni per una cosa inutile

Da qualche anno, in Italia e nel mondo, si sta provando a fare qualche passo indietro in campo ostetrico. Non in senso negativo ma in positivo. L’esaltazione per le nuove tecnologie, il progresso, l’entusiasmo per un evento che mieteva molte vittime in passato ma che stava diventando “routine” si è poi trasformato in eccessiva medicalizzazione, in stress inutile e spesso in malattia.

Il parto è un evento fisiologico, non rischioso, questo è un punto fermo e che non bisogna mai dimenticare. Ovviamente, come per qualsiasi attività umana, c’è sempre l’imprevisto, qualcosa che non va come dovrebbe ed allora è giusto e corretto cercare dei rimedi: la chirurgia è oggi efficace, esistono i farmaci e le attrezzature, usiamole se servono ma non bisogna eccedere. Così sono tante le iniziative che puntano a tornare ad un parto sereno senza eccessi di medicalizzazione ma naturalmente senza rinunciare alle sicurezze.

Non che serva una legge per “decidere” che il parto debba essere un evento normale ma se necessario ben vengano anche queste. Possono servire a migliorare la qualità dei punti nascita, la preparazione del personale (che in Italia è già ad un ottimo livello, siamo una nazione con mortalità materna e neonatale tra le più basse del mondo), l’organizzazione, l’assistenza, tanti di quegli aspetti che devono avere un solo obiettivo: la sicurezza ed il benessere di mamma e nascituro (e papà, perché no?).

Ma di leggi “eclatanti” non ne sono state fatte tante. L’ultima non è una legge ma una proposta di legge ed è davvero eclatante, incredibile ed un po’ strana.

Questa.

Si tratta di una proposta di legge di due deputati, l’on. Binetti e l’on. Di Biagio, che hanno pensato bene di promuovere la “sicurezza del parto naturale“. Che bella idea, vero? Dicono gli onorevoli:

…grandi progressi negli anni per l’evoluzione della sicurezza e del controllo  del  rischio  nelle  molte  aree  sanitarie, fino a estremizzare tale controllo mediante  la  « robotizzazione »,  ma  non  ha saputo  evolversi  per  prevenire  il  rischio del parto naturale, aumentandone la sicurezza  con  l’introduzione  di  metodologie innovative…

In effetti, in ostetricia, dopo gli enormi progressi del dopoguerra, non sono più intervenuti elementi di innovazione importanti. Non che sia per forza un problema, l’ostetricia oggi ha un elevato grado di sicurezza ma se ci fossero novità, perché non adottarle? La proposta di legge si sofferma molto anche su un altro dato, in Italia ci sono troppi tagli cesarei. Vero. Anche se ci sono molte differenze significative da una regione all’altra e soprattutto da un tipo di punto nascita (pubblico) all’altro (clinica privata). Tutto questo (con altri elementi elencati nella proposta di legge), può aumentare la mortalità (che comunque in Italia è molto bassa e soprattutto molto più bassa di altri paesi moderni) e la morbosità (le complicazioni legate al parto, per mamma e bambino). E cosa appare all’improvviso nel testo della proposta di legge?
Uno strano strumento, mai descritto in nessun testo di ostetricia e dal nome “esotico”: “BabyBirth“, definito nel testo: “dispositivo medico innovativo, come prevenzione primaria per minimizzare l’insorgenza di eventi avversi nell’assistenza al parto e al post-partum in modo da ridurre la mortalità e la morbosità materno-feto-neonatale potenzialmente evitabile.
Seguono una serie di effetti miracolosi di questo “Baby Birth”, che eviterebbe le conseguenze pericolose del parto, i costi, i farmaci, le complicanze post partum, i tagli cesarei ed altro ancora, una panacea insomma…
Potrebbe essere una bella notizia, uno strumento medico innovativo che potrebbe evitare mortalità e morbosità materna e fetale introdotto per legge. Potrebbe, perché clamorosamente, questa proposta di legge assomiglia ad uno spot che pubblicizza un oggetto praticamente inutile.

La proposta di legge si divide in tre articoli, nei quali si incoraggia la formazione del personale sull’uso di questo strumento (già perché per usarlo bisogna fare un corso apposito), l’informazione alla popolazione e la “digitalizzazione” di tutto ciò che avviene durante il parto (ovvero la memorizzazione dei dati riguardanti partoriente e nascituro).

L’articolo 3 della proposta dice quali sarebbero queste novità per la sicurezza del “parto naturale”:

1) Ecografia intrapartum (in pratica si sorveglia con l’ecografia la progressione del feto che deve nascere)

2) L’uso di una fascia gonfiabile che si applica sull’addome della donna (è questo il “Baby Birth“, ecco l’innovazione di cui si parla).

Il tutto garantito dal servizio sanitario nazionale come LEA (Livelli Essenziali di Assistenza, cioè qualcosa che tutti i punti nascita dovrebbero attuare).

Voi direte: che bella notizia, finalmente una novità…

C’è però qualche problema. Non si capisce bene perchè i due onorevoli che hanno presentato la proposta di legge abbiano pensato proprio a queste “novità” .

Oltre a non farsi assistere da nemmeno una figura professionale (come si può emanare una legge sul parto senza ascoltare chi il parto lo fa, il ginecologo, l’ostetrica, la donna?), i due onorevoli hanno concentrato praticamente tutta la proposta di legge su un (da loro definito) “strumento innovativo” che, diciamocelo senza tanti giri di parole, è di una superficialità scientifica e logica inaccettabile. Nella proposta di legge non si fa riferimento al miglioramento ed adeguamento dei punti nascita, al controllo di quei punti nascita (pubblici o privati) con poca esperienza, non si fa cenno all’addestramento di tutto il personale coinvolto nel parto (anzi, se ne parla ma sempre in riferimento al “nuovo strumento” da adottare) e non si parla di messa in sicurezza, adeguamento degli strumenti, del personale, delle strutture, niente, tutto si concentra principalmente sull’acquisto obbligatorio di questo nuovo strumento da parte del SSN. Ma cos’è questo miracolo della tecnica (i due deputati hanno definito la loro proposta una “svolta per l’ostetricia“)?

Lo strumento che dovrebbe aiutare a raggiungere risultati migliori nel parto si chiama “Baby Birth“, è una fascia che si applica sull’addome della donna che deve partorire, fornita di tre camere d’aria gonfiabili (e collegata ad un computer). Progressivamente, mentre va avanti il travaglio, si gonfiano queste camere d’aria e la leggera pressione da queste esercitata dovrebbe aiutare la donna a partorire, diminuire i rischi del parto ed eliminare una manovra “popolare” (ma controindicata) che si chiama

 Kristeller (una spinta energica sulla “pancia” della donna che sta partorendo). L’apparecchio memorizzerà tutti i dati del parto (che già oggi si possono “memorizzare” ma su carta).
Tutto questo renderebbe il parto “naturale”.

Ora, a parte il fatto che a me insegnarono che il parto “naturale” è quello nel quale non si attua nessun intervento (medico, chirurgico, farmacologico) ma la cosa più interessante di questo “nuovo strumento innovativo”, è che non ha nessuna attendibilità scientifica, non si poggia su nessun dato chiaro o che ne mostri l’efficacia o la sicurezza, anzi, gli studi sull’argomento sono molto pochi e vaghi: uno studio (Cochrane) mostra come l’uso di questa “fascia”, non migliori per nulla il decorso del parto e non prevenga nessuna conseguenza né complicazione, cosa confermata da altri studi, questo entusiasmo sulla sua efficacia, quindi, è piuttosto ingiustificato. E costa pure tanto.

Già, perché il “dispositivo innovativo” è stato acquistato da qualche ospedale pubblico (che evidentemente ha dei fondi da utilizzare per queste cose) come l’ASL di Empoli che dopo aver speso 100.000 euro per acquistare 250 fasce gonfiabili non ne ha usata nemmeno una ed a quanto pare questo aggeggio tanto “innovativo” non è, visto che ne esistono versioni che sono state brevettate (e mai usate) addirittura negli anni ’90 e di questo strumento (con un altro nome) se ne parla già da anni. Curioso anche il fatto che lo strumento non sia mai stato bagaglio dell’ostetricia, che nel mondo non si usa praticamente da nessuna parte, che per utilizzarlo bisognerebbe seguire un corso (a pagamento) tenuto dai produttori. Tutto questo migliorerebbe gli esiti del “parto naturale” ed andrebbe a vantaggio delle future mamme? Proprio sicuri?

Anche per quanto riguarda l’ecografia intrapartum (l’altra “innovazione” geniale dei due promotori della legge, nonostante sia un argomento conosciuto da anni) non vi sono dimostrazioni di utilità, sembra infatti che non cambi gli esiti del parto ma questo potrebbe pure essere argomento di discussione ed infatti se ne discute da un bel po’, un ecografo comunque è in tutti i reparti di ostetricia, una fascia di gomma gonfiabile no, bisogna comprarla.

L’oggetto è prodotto da un’azienda italiana, se io fossi un parlamentare, chiederei seriamente se per caso i due onorevoli promotori o altre persone coinvolte, abbiano (per caso eh?) qualche conflitto di interesse con questa azienda, perché è davvero strano che si vogliano obbligare tutti gli ospedali italiani, con tale insistenza, a comprare un oggetto assolutamente inutile, ingombrante, costoso e la cui sicurezza è tutta da discutere.

Perché poi il sospetto viene spontaneo quando si va a scoprire che in effetti esiste uno studio che sembra mostrare l’utilità dello strumento, studio guarda caso italiano e che ha come autore Luisa Acanfora, ginecologa, già sentita in Senato negli anni passati sul tema della sicurezza del parto che ai tempi già incoraggiava l’uso dei questa fantomatica “cintura miracolosa”. Tanto è stupefacente questa situazione, che poi è scontato nascano voci che sanno di leggenda metropolitana come quella che vedrebbe proprio la dottoressa Acanfora moglie del produttore dello stesso strumento che tanto pubblicizza.
Ma se esistesse un conflitto di interessi così evidente la dottoressa avrebbe dovuto dichiararlo nello studio che ha realizzato (non farlo è considerata una scorrettezza non da poco) e forse anche noi cittadini (ed i medici) dovremmo saperlo. Per avere una conferma o una smentita a questo come al fatto di essere stata lei ad ideare l’oggetto (chiedere all’oste com’è il vino non è mai una buona idea), ho provato a chiederglielo inviandole una mail ma non mi ha risposto preferendo quindi non commentare la notizia.

Allora ho scritto all’azienda distributrice del prodotto chiedendo dei riferimenti scientifici sulla sicurezza ed efficacia di questa “cintura gonfiabile”: anche qui nessuna risposta. Non è bello che i diretti interessati ad una proposta di legge che prevede ingenti investimenti di denaro pubblico e l’uso di uno strumento sui pazienti non vogliano (loro, prima di tutto) chiarezza ma pazienza, sarà stata solo pigrizia.

In ogni caso l’unico studio che mostri qualche beneficio dall’uso dell’oggetto è molto discutibile per metodi, risultati, e campione (molto ridotto, solo 80 pazienti) quindi nella migliore delle ipotesi si può dire sicuramente che non vi sia alcuna prova importante che l’uso di questo strumento possa migliorare gli esiti del parto o possa convenire dal punto di vista economico. Anche sulla sicurezza i dati sono pochissimi. Risultato? Meglio non spendere soldi per qualcosa che andrà dritta nella pattumiera, almeno fino a quando non si avranno dati molto più solidi.
Perché è curioso anche come la proposta di legge insista per inserire l’acquisto dello strumento nei LEA (Livelli essenziali di Assistenza), in pratica, che la si usi o meno, che i medici la giudichino utile o meno, ogni reparto dovrà acquistarla, obbligatoriamente.

A questa proposta di legge si sono “ribellate” le principali società scientifiche ostetrico-ginecologiche italiane (anche se, chissà perché, non hanno affrontato proprio il problema principale limitandosi a lamentarsi della mancata presenza di un professionista nel team che ha deciso questa proposta) ma a queste lamentele ha risposto il prof. Erich Cosmiche, incidentalmente, è l’autore, con Luisa Acanfora ed altri, di quell’unico studio italiano che mostrerebbe vantaggi dall’uso dell’apparecchio gonfiabile e che, sempre incidentalmente, è membro dell’associazione Safety & Life presieduta sempre dalla dott.ssa Acanfora.

A me sembra tutto un po’ tutto strano ma forse, indagando, si potrebbe andare oltre la semplice “stranezza”, perché sinceramente, preparare una legge per favorire il “parto naturale” per poi nei fatti limitarla all’acquisto di un sistema per niente innovativo, per niente dimostrato efficace e sicuro, per niente economico e per niente “naturale”, fa riflettere: i politici che hanno presentato la proposta di legge, prima di farlo, si sono informati bene? Sapevano tutto questo? Prima di preparare la legge, si sono fatti alcune domande?

È vero che ci sono pesanti conflitti di interesse tra gli “auditi” dal parlamento e i produttori dello strumento? Se la dott.ssa Acanfora è davvero colei che ha “inventato” l’apparecchio, può essere lei la stessa chiamata a giudicarne l’utilità e la sicurezza? Può essere il coautore dello studio da lei realizzato (nonché appartenente alla stessa associazione ONLUS) a dare un’opinione su un mezzo che dovrebbe essere usato (obbligatoriamente!) da tutti i reparti di maternità italiani? I proponenti hanno controllato le prove scientifiche a sostegno della loro proposta? Possono, tutti i reparti di ostetricia italiani, acquistare uno strumento non validato dalla comunità scientifica internazionale e che non ha prove salde di sicurezza ed efficacia? E se proprio fossimo costretti ad acquistarlo, questo “favorirebbe il parto naturale”?

Non sarebbe quindi il caso di approfondire?
Tante domande, vero? Troppe.
Il problema è che sembra nessuno se le faccia.
In Italia siamo abituati a vergogne e sprechi ma che almeno non si facciano sulla pelle di chi si rivolge alla sanità pubblica e soprattutto quando si parla di tagli alla sanità, evitiamo soprattutto le cose inutili, come certe proposte di legge.

Fonte: digrazia-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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