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Chronic Care Model nella gestione della cronicità. Il ruolo chiave dell’infermiere

Si stima, infatti, che circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale sia oggi speso per la gestione delle malattie croniche.

Le patologie croniche sono in progressiva crescita e, richiedendo continuità di assistenza per periodi di lunga durata oltre ad una forte integrazione con i servizi sociali, impegnano gran parte delle risorse del SSR

Si stima, infatti, che circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale sia oggi speso per la gestione delle malattie croniche.

La cura per questi pazienti, non potendo prevedere la guarigione, è finalizzata al miglioramento della qualità di vita attraverso una stabilizzazione del quadro clinico e alla prevenzione delle complicanze. Si tratta in genere di pazienti anziani, spesso affetti da più patologie, alle cui esigenze assistenziali sanitarie si sommano frequentemente anche quelle di natura sociale: status socio-familiare, ambientale, accessibilità alle cure ecc. La transizione epidemiologica e demografica ha inesorabilmente segnato un sovvertimento delle caratteristiche della popolazione e dell’annessa domanda di salute.

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Allo stato attuale l’ampio ventaglio di strumenti diagnostici e terapeutici ha permesso di ridurre la prevalenza e l’incidenza delle malattie infettive quali principali cause di morte fino a pochi decenni fa.

Dalla piramide della popolazione italiana sempre più romboidale (Fonte: Istat 2017, Indicatori demografici, Stime per l’anno 2016) si evince una riduzione della natalità e, di conseguenza, un invecchiamento della popolazione.

Il nuovo scenario è dominato da patologie non sempre letali nel breve termine, ma che incidono in maniera significativamente negativa su uno degli indicatori del benessere più importanti: la salute, intesa come dimensione essenziale del benessere individuale che incide su tutte le dimensioni della vita delle persone e in tutte le sue diverse fasi, modificando le condizioni di vita e condizionando i comportamenti, le relazioni sociali, le opportunità e le prospettive dei singoli e, spesso, delle loro famiglie (Fonte: Istat, Indicatori del benessere 2016).

Esempi di tali patologie sono lo scompenso cardiaco, la BPCO, il diabete, alcune forme tumorali diffuse soprattutto nell’età adulta e malattie infettive virali ad oggi croniche come l’AIDS.

L’ostacolo che impedisce un ottimale invecchiamento attivo è rappresentato dal cambiamento della domanda di salute non supportato dalla messa in atto di una strategia finalizzata a fornire una valida risposta ai nuovi bisogni assistenziali.

Dalla medicina d’attesa alla sanità d’iniziativa

Il bisogno crescente di un’assistenza sanitaria personalizzata, coerente, uniforme e vicina ai luoghi di vita spinge verso un netto cambio di rotta.

Ancor oggi molti sistemi sanitari pianificano ed erogano interventi assistenziali secondo una logica che affonda le sue radici nella cosiddetta “medicina d’attesa”, un approccio a cui siamo molto abituati che prevede l’attivazione dei servizi sanitari e sociali, i quali rispondono a un problema di salute in fase già conclamata.

Attuare una strategia efficace ed efficiente significa organizzare, pianificare ed attuare l’assistenza, puntando alla proattività che è l’approccio su cui si fonda la “sanità d’iniziativa”, con un focus particolare sul potenziamento degli interventi di prevenzione e di educazione sanitaria. Per prevenire l’insorgenza di una malattia cronico degenerativa occorre non perdere mai di vista i determinanti della salute, cioè quei fattori la cui presenza modifica in senso positivo o negativo lo stato di salute di una popolazione.

Prevenire significa quindi sensibilizzare le comunità, diffondendo informazioni esaustive su una corretta alimentazione, sull’importanza dell’attività e dell’esercizio fisico e sulle giuste abitudini di vita che riducono sensibilmente le probabilità di sviluppare una malattia cronica o che ne modificano in senso positivo il decorso.

Il passaggio da una medicina d’attesa a una sanità d’iniziativa si concretizza grazie all’utilizzo di modelli organizzativi assistenziali che si adattano bene ai contesti in cui vengono applicati; uno di questi è senza dubbio il Chronic Care Model, modello nato negli Stati Uniti d’America e già implementato in alcune realtà del territorio italiano.

Il CCM si fonda su 6 direttive:

  1. Le risorse della comunità.
    Per migliorare l’assistenza ai pazienti cronici le organizzazioni sanitarie devono stabilire solidi collegamenti con le risorse della comunità: gruppi di volontariato, gruppi di auto aiuto, centri per anziani autogestiti.

    2. Le organizzazioni sanitarie.
    Una nuova gestione delle malattie croniche dovrebbe entrare a far parte delle priorità degli erogatori e dei finanziatori dell’assistenza sanitaria. Se ciò non avviene difficilmente saranno introdotte innovazioni nei processi assistenziali e ancora più difficilmente sarà premiata la qualità dell’assistenza.

    3. Il supporto all’auto-cura.
    Nelle malattie croniche il paziente diventa il protagonista attivo dei processi assistenziali. La gestione di queste malattie può essere insegnata alla maggior parte dei pazienti.

    4. L’organizzazione del team.
    La struttura del team assistenziale (MMG, inf., ecc.) deve essere modificata, separando l’assistenza ai pazienti acuti dalla gestione programmata ai pazienti cronici. Il MMG tratta i pazienti acuti, interviene nei casi cronici complicati,. L’inf. è formato per supportare l’auto-cura dei pazienti ed assicurare la programmazione e lo svolgimento del follow-up dei pazienti. La visita programmata è uno degli aspetti più significativi della nuova organizzazione.

    5. Il supporto alle decisioni.
    L’adozione di linee guida basate sull’evidenza forniscono gli standard per fornire un’assistenza ottimale ai pazienti cronici.

    6. I sistemi informativi.
    I sistemi informativi computerizzati svolgono tre importanti funzioni:
    1) come sistema di allerta che aiuta i team delle cure primarie ad attenersi alle linee-guida;
    2) come feedback per i medici, mostrando i loro livelli di performance nei confronti degli indicatori delle malattie croniche, come  i livelli di emoglobina A1c e di lipidi;
    3) come registri di patologia per pianificare la cura individuale dei pazienti.

In Toscana, nell’ambito del Chronic Care Model, è stato introdotto il concetto di “Target”. Con questo termine si intende stratificare la popolazione in base al rischio, alla comorbilità (presenza di più patologie diverse in uno stesso individuo) e ai livelli assistenziali necessari che entrano a fare parte del Chronic Care Model.

Sono nello specifico identificati tre target:

1) Primo target: assistiti complessi, ad alto consumo di prestazioni sanitarie e ad alto rischio di eventi avversi e ricoveri (qualunque patologia cronica complessa o già complicata);

2) Gli assistiti con alto rischio cardiovascolare, la riduzione del carico di malattia attribuibile a queste condizioni rappresenta una grande priorità di sanità pubblica;

3) Gli assistiti con basso rischio cardiovascolare e/o basso rischio di evoluzione della condizione cronica attraverso un sistema di supporto all’autogestione.

Entrando nel dettaglio, un sistema sanitario funziona bene se le sue componenti cooperano e si integrano perfettamente l’una con l’altra.

Tali elementi sono il Sistema Ospedaliero e il Sistema delle Cure Primarie.

La crisi del sistema sanitario di fronte al cambiamento della domanda di salute rende necessario lo sviluppo di un nuovo Sistema Sanitario nel quale le Cure Primarie svolgono un ruolo strategico e assistenziale indispensabile. Le principali differenze tra i due sistemi sono le seguenti:

L’obiettivo del Chronic Care Model è quello di migliorare il sistema delle Cure Primarie con l’obiettivo finale di garantire una continuità assistenziale e una migliore partecipazione del paziente, il quale non svolgerà più un ruolo passivo ma verrà preso in carico da team multidisciplinari e multi professionali capaci di fornire risposte assistenziali altamente qualificate.

Tale processo potrà essere realizzato se si rispetteranno alcuni punti come:

  • l’implementazione delle competenze delle varie figure professionali di un team assistenziale. Questa è una fase cruciale che permetterà all’assistito di acquisire o sviluppare quelle capacità utili al self care (autogestione) della propria malattia cronica;
  • la promozione della salute tramite interventi di prevenzione primaria sui corretti stili di vita, l’attività fisica e le abitudini alimentari;
  • l’applicazione di interventi di prevenzione secondaria per ottenere una diagnosi precoce;
  • la realizzazione di un’assistenza presso il domicilio dell’assistito o l’ambulatorio del MMG;
  • la creazione di un sistema informativo il cui centro è il paziente, basato su liste di pazienti per patologia o rischio. Questo sistema di registrazione permetterà ai team multidisciplinari di accedere più velocemente a informazioni ben stratificate, al fine di garantire proattività e continuità al percorso assistenziale, monitorando infine i costi legati alle diverse patologie.

L’assistenza olistica alla persona diventa il principio fondamentale su cui si fonda questo modello di gestione della cronicità in quanto si passa da un modello concentrato sulla patologia a un percorso che prende in esame la persona e valuta malattie, storia personale e situazione sociale.

L’infermiere “Care Manager”

Uno degli aspetti più cruciali è quello che riguarda i percorsi formativi che interessano le varie figure professionali, in particolar modo quelli degli infermieri impegnati nell’assistenza primaria. Sono previsti master e corsi di alta formazione intesi a fornire agli infermieri delle competenze avanzate e capacità di governance tali da poter contribuire a pianificare modelli di gestione delle malattie croniche che sono patologie ad alta prevalenza e alto impatto socio-sanitario.

Nell’assistenza al paziente cronico sulla base dei principi su cui è fondato il Chronic Care Model nasce così la figura dell’infermiere “Care Manager”, vale a dire un professionista di riferimento per il paziente che rappresenta colui in grado di gestire in maniera efficace ed efficiente la presa in carico dell’assistito.

In tale ottica l’infermiere Care Manager partecipa alla presa in carico del paziente ed esercita la sua professione con autonomia, applicando le sue specifiche competenze che spaziano anche nelle branche del coaching infermieristico e del supporto motivazionale.

L’obiettivo è quello di favorire l’integrazione tra MMG e le varie figure professionali che, all’interno di un team assistenziale, si differenziano per competenze ed ambiti di intervento. L’assistenza primaria diventa innegabilmente un approccio pro-attivo diretto ai malati cronici, finalizzato a migliorare gli esiti e produrre un risparmio di risorse in termini di riduzione del tasso di ospedalizzazione e di progresso nell’integrazione con l’assistenza ospedaliera e sociale.

La relazione di coaching è una partnership, un’alleanza tra coach e cliente che ha come obiettivo ultimo l’individuazione, l’allenamento e la valorizzazione delle proprie potenzialità.

Il cliente è posto al centro di un iter assistenziale che considera prioritarie le sue problematiche, i suoi metodi di risoluzione e soprattutto i suoi obiettivi che lo porteranno al raggiungimento del futuro desiderato.

Nell’ambito ospedaliero il Coach Professionista, oltre che esercitare il suo lavoro nell’assistenza infermieristica, offre un valido supporto nella gestione del reparto dal punto di vista manageriale: interviene nella costituzione del team, nel lavoro di gruppo, nel raggiungimento di obiettivi personali, di gruppo e aziendali, nella gestione del tempo e nella valorizzazione delle capacità di ogni singolo membro del team.

A livello territoriale il team, adeguatamente formato sui principi del modello di cura delle cronicità, deve saper usare gli strumenti della comunicazione a distanza e deve raccogliere i dati clinici delle persone assistite che dovranno essere disponibili a tutti i componenti del team e, naturalmente, alla persona affetta dalla malattia o in stato di rischio.

Infine, uno degli infermieri svolge la funzione di “care management”, organizzando richiami periodici dei pazienti, mantenendo i contatti con il tutor ospedaliero (il tutor medico, che seguirà il paziente per tutto il percorso diagnostico e terapeutico) e organizzando programmi educativi di gruppo. L’assistenza ambulatoriale è dunque la formula più appropriata per gestire il paziente affetto da patologie croniche.

Una proposta operativa

In un contesto contraddistinto da un aumento del numero di persone anziane, dall’incapacità delle famiglie ad assolvere un ruolo assistenziale nei confronti di familiari malati, dalla crescente domanda di cure e da un’organizzazione ospedaliera sempre più centrata sulle cure intensive per acuti è di estrema importanza attivare e implementare modelli organizzativi di presa in carico dei pazienti cronici come il Chronic Care Model.

Per raggiungere gli obiettivi che il CCM si prefigge è doveroso definire un luogo riconoscibile per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione che garantiscono globalmente una risposta di qualità alle diverse tipologie di bisogno (dalla prevenzione alla riabilitazione).

Sulla base dei diversi studi condotti nell’ambito della medicina di comunità che hanno evidenziato la rilevanza che le strutture ambulatoriali hanno nell’erogazione di risposte adeguate ai pazienti cronici, può essere avanzata una proposta da parte di un Distretto Socio-Sanitario di una ASL, per costituzione di un ambulatorio delle cronicità presso un Poliambulatorio, con un approccio che si ispira al Chronic Care Model ed al Nurse Coach.

Il proposito del progetto consiste nell’offrire un’opportunità formativa alle varie figure professionali che costituiranno i team multidisciplinari e multi professionali impegnati nella presa in carico dei pazienti con patologie croniche:

  • MMG;
  • Infermieri;
  • Medici specialisti in cardiologia;
  • Medici specialisti in endocrinologia;
  • Dietisti;
  • OSS;
  • Medico responsabile delle Cure Primarie aziendali del DSS n.6.

Gli obiettivi saranno:

  • Acquisire conoscenze e competenze di base del Chronic Care Management necessarie per la costruzione e gestione del processo di presa in carica del  paziente con diabete e/o ipertensione;
  • Acquisire delle competenze di epidemiologia – prevenzione, promozione della salute, organizzative e tecnico – professionali per la gestione del malato cronico;
  • Migliorare i percorsi clinico – assistenziali diagnostici e riabilitativi, la documentazione clinica.

Conclusioni

Sulla base di ciò che caratterizza il nuovo scenario epidemiologico e demografico possiamo comprendere l’importanza cruciale che l’infermiere ha nel processo di presa in carico del paziente cronico.

L’infermiere assume particolare rilevanza nella relazione assistenziale ed educativa verso la persona affetta da patologie croniche.

I profondi cambiamenti dei bisogni assistenziali della popolazione hanno reso quindi necessario il passaggio dalla medicina d’attesa alla medicina d’iniziativa basata sulla “proattività”, in cui il paziente risulta essere protagonista dell’autocura e dei processi assistenziali.

Questo tipo di approccio proattivo è uno dei principi su cui si fonda il Chronic Care Model, modello organizzativo che valorizza la figura dell’infermiere Care Manager e dei singoli membri di un team multi professionale.

Attuare efficaci strategie preventive con un approccio proattivo significa effettuare interventi di responsabilizzazione della popolazione sulle giuste abitudini alimentari, sportive e di vita, al fine di scongiurare il rischio di comparsa di patologie cronico-degenerative che incidono in maniera estremamente negativa sulle aspettative di vita e incrementano le risorse umane ed economiche necessarie a fornire le adeguate risposte assistenziali.

La promozione e l’educazione sanitaria hanno complessivamente finalità preventive ma anche, in alcuni casi, riabilitative e curative.

Attualmente la figura dell’infermiere risulta essere ancora troppo coinvolta nella gestione delle patologie a insorgenza acuta, tralasciando l’importanza che l’empowerment, il self-empowerment e l’educazione sanitaria hanno nell’allontanamento dei fattori di rischio. Per garantire un buon invecchiamento attivo sarà quindi indispensabile riallocare le risorse umane, economiche e finanziarie, promuovendo la perfetta integrazione tra assistenza ospedaliera e territoriale.

L’infermieristica moderna è nata in Inghilterra grazie al contributo di Florence Nightingale ed esiste ancor oggi in Italia un gap da colmare.

Tuttavia il Dipartimento della Salute del ministero inglese ha evidenziato una crescita del divario sanitario tra ricchi e poveri e uno scarso impegno nella gestione delle persone con condizioni di cronicità.

Questi dati aiutano maggiormente a capire che la cronicità rappresenta il tallone d’Achille di tutti i sistemi sanitari ed è per questo che occorre una rivoluzione del modo di concepire ed attuare l’assistenza al cittadino.

Sebbene ci sia ancora molta strada da percorrere per decentralizzare l’assistenza, è arrivato il momento di valorizzare la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità in quanto, per conoscenze e competenze, è l’unico professionista in grado di incoraggiare la comunità, identificando i suoi bisogni di salute e indicando la strada migliore nell’utilizzo dei servizi sanitari.

Occorre quindi mettere fine alle diatribe tra medici e infermieri che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi di salute nell’attuale quadro epidemiologico e demografico, collaborando ogni giorno in maniera sempre più coesa per il comune obiettivo strategico che è la garanzia della salute dei cittadini e la massimizzazione del benessere sociale.

 

Cosimo Della Pietà

Valerio Russo

 

Bibliografia

  • Dgrt N. 467/2009 Psr 2008-2010. Consultato il 20/01/2015, disponibile all’indirizzo www.ars.toscana.it
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Redazione Nurse Times

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