Coronavirus: Dolce&Gabbana insieme a Humanitas per la ricerca.

Anche i due stilisti scendono in campo, finanziando uno studio che intende mettere a punto strumenti diagnostici.

Le molecole dell’immunità innata con funzioni simili agli anticorpi riconoscono il coronavirus SARS-CoV-2 e svolgono un ruolo protettivo, di difesa dall’infezione? Possono costituire indicatori dell’andamento e della gravità della malattia nei pazienti? Chiarirlo può essere la base per la messa a punto di strumenti diagnostici, come biomarcatori di gravità della patologia, e terapeutici. È l’obiettivo dello studio finanziato da Dolce&Gabbana e coordinato dal professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University. Uno studio che mette a fattor comune, e al servizio della salute di tutti, le competenze sul sistema immunitario del team guidato da Mantovani e dalla professoressa Cecilia Garlanda di Humanitas University e quelle sui virus della professoressa Elisa Vicenzi e del professor Massimo Clementi, dell’Università Vita-Salute San Raffaele, che per primi in Italia hanno isolato il patogeno responsabile della Sars. Il finanziamento di Dolce&Gabbana a questo progetto di ricerca rafforza ulteriormente la collaborazione attiva con Humanitas University, che la casa di moda italiana sostiene anche attraverso borse di studio agli studenti di MedTec School, l’innovativo corso di Laurea che potenzia le competenze mediche con approcci tecnologici dell’Ingegneria, in collaborazione con il Politecnico di Milano. “Sentivamo di dovere fare qualcosa per combattere questo devastante virus che, a partire dalla Cina, sta colpendo l’umanità intera – affermano Domenico Dolce e Stefano Gabbana. In questi casi è importante fare la scelta giusta. È per questo motivo che abbiamo pensato che Humanitas University fosse l’interlocutore ideale: una realtà speciale per eccellenza e umanità, con la quale abbiamo già collaborato per un progetto di borse di studio. Di fronte a queste tragedie dalle dimensioni così vaste, ogni azione può sembrare poco rilevante. Ma quando il prof. Mantovani ci ha raccontato la favola africana che narra di un colibrì, che mentre tutti gli altri animali fuggono a causa di un incendio divampato nella foresta vola nella direzione opposta continuando a portare l’acqua per cercare di spegnere l’incendio, abbiamo capito che comunque valeva la pena fare qualcosa. Anche un gesto piccolissimo può avere un significato enorme. Supportare la ricerca scientifica è per noi un dovere morale, speriamo che il nostro contributo possa essere d’aiuto per risolvere questo drammatico problema”. Da anni il professor Mantovani focalizza i propri studi sui meccanismi di funzionamento dell’immunità innata, la nostra prima linea di difesa contro le infezioni causate ad esempio da virus e batteri, della quale ha contribuito a scoprire nuove molecole e funzioni: fra queste la famiglia delle pentrassine lunghe, identificata all’inizio degli anni Novanta. “Questi antenati funzionali degli anticorpi, fra cui PTX3 – spiega – hanno un ruolo essenziale nella resistenza a diverse classi di virus e altri patogeni, da quelli più comuni come l’influenza a citomegalovirus e funghi. Prodotti dal nostro organismo in risposta a un’infezione, riconoscono alcune classi di ‘nemici’ che entrano in contatto con il nostro corpo e ne facilitano l’eliminazione, segnalandoli ai ‘soldati’ del sistema immunitario incaricati di affrontarli e distruggerli. La sfida, ora, sarà vedere se queste molecole di difesa presenti nei liquidi biologici (fra cui il sangue) sono in grado di riconoscere il coronavirus SARS-CoV-2 e di svolgere un ruolo di difesa dall’infezione”. Uno studio che può dare un contributo per affrontare un problema di salute globale, aprendo le porte ad interventi diagnostici, ad esempio biomarcatori di gravità di malattia, e terapeutici. In questa situazione di emergenza mondiale, il sostegno di Dolce&Gabbana catalizza un’interazione virtuosa di ricerca scientifica fra due grandi istituzioni milanesi al servizio della salute di tutti, in collaborazione anche con l’Istituto nazionale malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma
, centro di eccellenza del Paese e da sempre in prima linea. Il coronavirus SARS-CoV-2 che causa Covid-19, sigla che sintetizza corona, virus e disease (malattia), colpisce l’apparato respiratorio e causa febbre, tosse, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, polmonite e sindrome respiratoria acuta grave. È simile al coronavirus della Sars (sindrome respiratoria acuta severa) responsabile fra il 2002 e 2003 di 8.000 infezioni e quasi 800 morti, e a quello della Mers (sindrome respiratoria medio-orientale) che tra il 2012 al 2019 ha infettato circa 2.500 persone soprattutto in Arabia Saudita e causato quasi 900 decessi. “SARS-CoV-2 – spiegano Elisa Vicenzi e Massimo Clementi, virologi e docenti dell’Università Vita-Salute San Raffaele  appartiene alla grande famiglia dei coronavirus. Alcuni componenti di questa famiglia causano infezioni dell’apparato respiratorio superiore non gravi, mentre altri, come SARS-CoV, MERS-CoV e il nuovo SARS-CoV-2 sono alla base di malattie importanti con elevata mortalità. La capacità di alcuni soggetti infettati di guarire più rapidamente o avere un’infezione meno aggressiva può dipendere da diversi fattori, inclusa la risposta innata che contribuisce a bloccare l’invasione dei virus nelle cellule o a fermare la moltiplicazione virale precocemente dopo l’infezione. Da qui l’idea di testare le molecole dell’immunità innata per verificare la loro attività antivirale e capire in che modo interagiscano con SARS-CoV-2, chiarendo ad esempio se interferiscano con la risposta delle cellule infettate dal virus, con meccanismi anche inaspettati. Questo potrebbe aprire le porte alla messa a punto di strategie utili per i pazienti”. Redazione Nurse Times Fonte: Salute Domani  
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