Eboli, il Giardino dei Girasoli torna a fiorire

Prove tecniche di rinascita per l’hospice al centro di una spinosa vicenda giudiziaria.

Può sembrare incomprensibile che si provi a parlare di buona sanità scegliendo una struttura il cui personale, negli ultimi due anni, è stato decimato da un’inchiesta della magistratura tuttora in corso. I giornali hanno descritto Il Giardino dei Girasoli (Eboli) come un tetro “bosco degli orrori”, dove si somministravano farmaci letali con criminale disinvoltura, dove il personale trafugava beni aziendali e si dedicava a interessi personali o ad attività ludiche in orario di servizio.

Non ci avventureremo nella difesa dei sanitari inquisiti e sospesi, né emetteremo sentenze di condanna. Ci limitiamo ad augurarci che la verità venga completamente fuori, delineando le responsabilità reali di tutti i soggetti coinvolti. Ci imponiamo di coltivare l’ottimismo, sperando che tutta la vicenda sia soltanto un enorme equivoco e che il quadro che si presenterà ai nostri occhi al termine dell’inchiesta sia rasserenante e rassicurante, e che le tinte fosche che adesso avvolgono la narrazione siano lavate via dalle certezze che emergeranno in sede dibattimentale.

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Ad oggi c’è una sola certezza: l’hospice Il Giardino dei Girasoli è riuscito a sopravvivere, diventando più forte. È la prova evidente che dal letame, a volte, nascono i fiori più belli. Se si superano i pregiudizi, oggi l’immagine dell’hospice appare un misto di dedizione, responsabilità e competenza. Lo raccontano gli occhi e le parole degli assistiti. Lo si capisce sommando i fotogrammi dei volti, delle espressioni e dei gesti degli operatori.

Si evidenzia l’immagine di una struttura della quale la comunità non potrebbe più fare a meno. Qui i cognomi vengono dimenticati in fretta e gli utenti riconoscono gli infermieri, i medici e il restante personale come alleati compagni di viaggio, e li chiama per nome: Giusy, Barbara, Nicola, Maria, Antonio, Sonia, Daniela e così via. La direzione precisa e puntigliosa del dottor Mignone chiude il cerchio.

Nonostante il numero degli operatori sia più esiguo che nel recente passato, le attività sono in costante e progressivo aumento, e non mancano aspirazioni e progetti per il futuro. Nell’hospice hanno trovato una nuova “residenza” sette persone che, a volte improvvisamente e comunque sempre imprevedibilmente, hanno dovuto ingaggiare una lotta contro una malattia che è riuscita a restringere il loro futuro e a mortificare i loro progetti. Lì trovano il sostegno di operatori che li aiutano a vincere questa assurda battaglia per conservare intatta la loro dignità. È questa la battaglia vera: la difesa della dignità.

Dal Giardino dei Girasoli, ogni mattina, partono due auto aziendali che, come in una metafora della vita, si inerpicano per le strade del Distretto 64, tra buche, sobbalzi, frenate e cambi di velocità per evitare ostacoli improvvisi. Gli infermieri si inventano autisti e portano materiali, farmaci e la loro competenza professionale a chi la lotta contro il male del secolo la sta combattendo tra le mura domestiche, per scelta o per esigenza. Il servizio domiciliare viene erogato a circa 20-30 utenti che, insieme ai loro famigliari (i cosiddetti caregiver), oltre al sorriso e a volte un caffè, regalano sguardi riconoscenti a chi non li fa sentire abbandonati dalle istituzioni.

Come i grandi fiori dei girasoli seguono la traiettoria del sole, così il personale dell’hospice segue quel sole che ognuno ha dentro l’anima e che rende umani, dando senso alle esistenze. Qui, in questo fertile giardino, l’umanità insinua le sue radici, restituendo dignità e valore alla relazione d’aiuto.

Massimo Arundine  

Redazione Nurse Times

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