Negli anni sessanta del secolo scorso J. Heller pubblicò il romanzo “Comma 22”. Qualche anno dopo divenne anche un film. Raccontava il vissuto e i pericoli affrontati dagli aviatori americani durante le missioni di volo nel Mediterraneo nel secondo conflitto mondiale. Il pericolo era così incombente che suggeriva a molti piloti di chiedere di essere esonerati dalle missioni di volo, adducendo problemi di salute e di precario equilibrio mentale. L’esenzione era possibile però se non in contrasto con il Comma 22 del regolamento, che recitava così:
“Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo…ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo, non è un vero pazzo”
Ora rientriamo ad oggi 2016 per fare il punto sulla qualità della prevenzione delle infezioni in Italia e in particolare le infezioni delle vie urinarie.
Utile iniziare con questa affermazione:
“Il mio operato professionale è limitato nel garantire la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie perché l’azienda non mette a disposizione sacche e materiali sterili”
Sono le parole scritte di un discente all’ultimo corso di cateterismo vescicale, che rivela quanto la realtà vissuta dalla professione infermieristica sia difficile e investa in particolar modo l’aspetto etico e deontologico, non dimenticando però anche il penale.
Ma di cosa si parla?
Si parla di pazienti, persone di cui l’infermiere si prende cura con competenza e umanità osservando raccomandazioni, linee guida e norme per la prevenzione del rischio clinico, che garantiscano un percorso terapeutico e di assistenza sicuro.
Ebbene alle belle parole non seguono i fatti.
Chi non vuole la prevenzione?
Viene da chiedersi, perché il Ministero della Salute prevede per i pazienti a domicilio le sacche urine NON STERILI? Eppure questa situazione perdura da sempre. Nomenclatore Tariffario, Decreto Ministero della Sanità 332 del 1999
Qualcuno prova a chiedersi in quali e quanti ospedali, cliniche, residenze sanitarie pubblici o privati vengono utilizzate sacche urine NON STERILI?
Sono a conoscenza del problema le società scientifiche SIMPIOS e ANIPIO?
Perché i Collegi IPASVI non tutelano la deontologia professionale segnalando loro situazioni di rischio clinico come appunto prevedono gli articoli 48 e 51 del Codice Deontologico?
A dire il vero c’è stata un’eccezione, il Collegio IPASVI di Carbonia-Iglesias, in occasione del corso di cateterismo vescicale del 2012, ha invitato i propri iscritti a segnalare ai dirigenti aziendali e al proprio Collegio situazioni di rischio clinico.
E la Federazione IPASVI?
Nel 2011 la Presidente Silvestro aveva negato il problema deontologico (VEDI).
Ora si attende la risposta al quesito inviato in gennaio 2016 alla Presidente Mangiacavalli.
La buona pratica vs antibiotico terapia?
E’ dal lontano 1981 che il CDC di Atlanta ha raccomandato l’uso dei presidi sterili per il cateterismo vescicale.
Altre raccomandazioni e linee guida sia nazionali che internazionali si sono succedute per evidenziare l’importanza della prevenzione e quindi della buona pratica. (VEDI)
Aspetto rilevante e di enorme attualità è il problema della resistenza dei microorganismi agli antibiotici paragonata quasi ad una apocalisse, ad un’era post antibiotica.
Infatti sembra che all’industria farmaceutica non convenga più investire in ricerca di nuove molecole pertanto non ci sono difese utili a contrastare infezioni sempre più aggressive e implacabili.
E’ opportuno rammentare dal nuovo Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009:
“La responsabilità dell’infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura della persona …(Art 3).
L’infermiere .. si impegna a tutelare la salute con attività di prevenzione, ..(Art. 6)
… si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere (Art. 9).
….fonda il proprio operato su conoscenze validate ….. attraverso…..la riflessione
critica sull’esperienza e la ricerca ..(Art.11)
Concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell’assistito …. per la gestione del rischio clinico (Art. 29).
…..di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione ai responsabili professionali …..(Art. 48).
….segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono
circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e
dell’assistenza …..(Art. 51)”.
E concludendo con le parole di Luca Benci, giurista:
“ …Ricordiamo infatti che può esserci responsabilità giuridica ai sensi dell’art. 40 del codice penale quando l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”, ovvero “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Vengono in mente i comportamenti contrari alla buona pratica professionale
legati alla mancata antisepsi, alla non corretta gestione del presidio, all’utilizzo di presidi impropri (per dimensioni, per materiale), alla mancata corretta gestione del catetere a permanenza ecc.Gli esempi appena riportati sono appunto esemplificativi e non tassativi e indicano sia comportamenti indicanti un fare (commissivi appunto), sia comportanti un “non fare” (delle omissioni appunto)”.
La responsabilità dell’infermiere nel cateterismo vescicale, ANIPIO: Documento d’indirizzo per la prevenzione delle Infezioni delle Vie Urinarie correlate al cateterismo vescicale nell’adulto: Cosa fare e cosa non fare nella pratica assistenziale” Torino 5 ottobre 2007. (VEDI)
La questione impone una presa di posizione decisa per affermare e ribadire che la professione infermieristica non accetta l’insulto alla intelligenza con il paradosso della prevenzione delle infezioni con presidi non sterili.
Concludiamo con la metafora del Comma 22:
“L’infermiere può chiedere i presidi sterili per prevenire le infezioni ma non li può avere perché l’azienda non fornisce i presidi sterili”
Luciano Urbani
RIFERIMENTI
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