Infermieri, “mi sono sembrate persone in missione”

Non ho visto 1 persona finire il turno in orario se prima non faceva il passaggio delle consegne. Non penso nemmeno che il dottore e l’infermiere possano definirsi lavori. Mi sono sembrate persone in missione“. Simone Cerque racconta su Facebook la sua esperienza di fine vacanza in Sicilia, tra febbre, paura del Covid e corsa in ospedale.

Si chiude il tour della Sicilia col botto. Penultimo giorno. Verso le 16 saluto gli amici e vado in albergo che non mi sentivo bene. Avrò 37 di febbre ho pensato come mi era successo ad inizio vacanza. Mi misuro la febbre e scopro 39.7. Scatta il panico, mai avuto febbre in vita mia d’estate e soprattutto così alta. Ho beccato il covid penso. Faccio un paio di chiamate per conforto e chiedere consiglio e poi decido di chiamare il numero covid (staccato) infine il 112. Non nascondo che ho pensato di prendere 2 tachipirine falla scendere e partire subito, stile ragazzi Roma Nord che stavano in costa smeralda, ma poi ho pensato che avrei tradito tutto quello che penso da anni, e mi sarei sentito comunque anche responsabile delle persone che stavano con me in vacanza. L’ambulanza arriva in 20 minuti, quindi devi pensare velocemente cosa portarti. Arriva ambulanza con le persone vestite da palombari, come si è visto tante volte in questi mesi, e penso che sta succedendo proprio a me.

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Incontro sulle scale dall’albergo il proprietario che mi chiede quanto ho di febbre, e soprattutto se gli avessi detto ti ho sterminato la famiglia, avrebbe avuto una faccia più allegra. Arrivo in strada e trovo la gente ad aspettare e a guardare dai balconi manco fosse scesa una star. Qui inizia la parte umana.

Persone super gentili quelli dell’ambulanza, giusto un po dispiaciuti che gli abbiamo portato il covid che prima stavano bene…e forse ha ragione. Arrivo al pronto soccorso covid e subito penso starò 3 ore su una barella, le scene della malasanità che ti mettono nel cervello, e invece in 30 minuti mi fanno prelievo del sangue venoso ed arterioso, elettrocardiogramma, attaccano flebo, tamponi vari e prima visita. Una routine pazzesca. Infermieri e medici vestiti da palombari superefficienti e super gentili. Mi sembra di stare in una clinica Svizzera. Tutto gira a meraviglia. Ti attaccano ad una macchina che controlli i parametri, soprattutto i livelli di ossigeno nel sangue. Il vecchietto accanto a me stava meglio come ossigeno, ed io malignamente penso “tacci tua guarda questo sta meglio di me”. Quando la macchina fa la luce rossa qualche parametro è sballato. A me è successo 2 volte e da bravo ipocondriaco ho chiamato subito l’infermiere che mi ha riferito che quella era l’agitazione ma per il resto stavo bene.

Infermiere spettacolare, romano, che mi fa “le vuoi 2 goccette di valium” ed io “subito”. Incominciamo a parlare e mi fa “di che squadra sei? ed io ” della Roma a Roma esiste solo la Roma e lui ” Bravo”. Poi mi dice che vorrebbe tornare a Roma ma per ora sono 6 mesi che sta a Catania e si trova da Dio e non ci pensa proprio a tornare.

Arriva il risultato del sierologico. Negativo. Si mormora che in albergo saputa la notizia siano partiti cori da stadio…Si aspetta il tampone ma per quello ci vogliono 24 ore. Nel frattempo nelle 24 ore vedi, codici rossi entrare, soprattutto anziani che non respirano con 40 di febbre e la routine è sempre la stessa.

In vita mia non ho mai visto tanta umanità. Veramente ho pensato qui non si lascia indietro nessuno. Sembra che li paghino a sopravvissuto. La dottoressa i codici rossi se li metteva tutti davanti per guardarli personalmente. Ho visto almeno 3 squadre di infermieri e dottori in 24 ore, mai fermi ed a guardare in 3 almeno 10 pazienti. Questa è la vera follia. In 3 devono fare tutto. In tutto ciò mai un attimo di nervosismo. Il telefono squillava tutto il tempo ed hanno risposto a tutti soprattutto ai parenti fuori che chiaramente non sanno niente.

Il brutto del covid è proprio la tristezza della solitudine. Per passare il tempo guardo le macchine degli altri pazienti per vedere i parametri, ed appena suonano che sono rossi, ti viene da chiamare l’infermiere, perché ti affezioni pure a questi vecchietti, ma già in 30 secondi hanno tutti addosso. Ho visto personalmente alle 2 di notte la dottoressa di turno e 2 infermieri stare per 30 minuti davanti al letto di un paziente che respirava male per vedere come andava.

Per finire in 24 ore non è morto nessuno, e mi sembra un miracolo per come sono entrati, tampone negativo e ti sembra di aver fatto 6 al superenalotto, ma soprattutto tanta umanità acquisita.

Non ho visto 1 persona finire il turno in orario se prima non faceva il passaggio delle consegne. Non penso nemmeno che il dottore e l’infermiere possano definirsi lavori. Mi sono sembrate persone in missione invasate del proprio lavoro, altrimenti non si spiega questo buon umore. D’altronde io mi esalto se salvo una formica, pensa loro che glieli portano mezzi morti e poi li ridanno alle famiglie. Non so se esiste una gratificazione maggiore. Alla fine esco ritrovo l’infermiere romano che riprende a lavorare e mi saluta dicendomi forza Roma. Quasi commosso me ne torno da solo in albergo, tipo zombie, e penso quanto è bello il genere umano a volte…

Cristiana Toscano

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