La situazione che la sanità pubblica laziale sta attraversando da tempo originerebbe anche da un’errata gestione del personale.
Dall’analisi effettuata dal consigliere regionale Massimiliano Maselli, il 25% dei dipendenti ospedalieri avrebbe inabilità al lavoro.
In un pronto soccorso ci sarebbero due medici impossibilitati ad utilizzare il computer per ragioni di salute non possono usare il computer, mentre nelle corsie vi sono infermieri che non impossibilitati a sollevare i pesi, con tutte le conseguenze del caso. Molti non possono lavorare di notte, altrettanti non possono restare troppo a lungo in piedi.
Questi sarebbero solo alcuni degli esempi delle «limitazioni al lavoro» emerse tra i dipendenti con ridotta operatività in seguito ad una prescrizione medica.
Un dipendente su quattro ha delle limitazioni al lavoro, ma non solo. Anche l’età media degli operatori in servizio presso gli ospedali laziali sarebbe allarmante.
Basso anche il numero di dipendenti con limitazioni all’Ares 118 (agenzia regionale per l’emergenza sanitaria), dove solo l’8 per cento ha prescrizioni (ma è evidente che in caso contrario non potrebbe lavorare in prima linea sulle ambulanze), nell’azienda ospedaliera San Giovanni siamo al 6 per cento, al Policlinico Tor Vergata al 7 per cento.
«In sintesi – dice Massimiliano Maselli – qui nessuno vuole fare una caccia alle streghe, però il sistema va rivisto, prevedendo delle linee guida univoche e nuovi sistemi di verifica, in modo da eliminare le anomalie».
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