Infezioni da virus, scoperte cellule staminali super efficienti nel contrastarle

Le nuove cellule natural killer sarebbero molto efficaci contro Hiv, epatite C e, soprattutto, citomegalovirus.

Una scorciatoia del sistema immunitario per rifornire più rapidamente l’organismo delle difese necessarie (le cellule natural killer) a contrastare virus e altri agenti patogeni. Sono le nuove cellule staminali super efficienti scoperte dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e dell’Università di Genova con la collaborazione di altri centri italiani (Ospedale Pediatrico Istituto Gaslini, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Università di Torino, Ospedale Sanremo e Ospedale Policlinico San Martino). Lo studio ha coinvolto bambini e adulti affetti da Hiv, epatite C e infezione da citomegalovirus. I risultati della ricerca, finanziata principalmente da Airc, sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Allergy and Clinical Immunology.

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Le cellule natural killer (NK) giocano un ruolo fondamentale nella difesa di prima linea contro le infezioni da virus, ma anche contro la crescita dei tumori e la diffusione di metastasi. Hanno una vita piuttosto breve (pochi giorni) e richiedono un ricambio costante, che viene garantito dalle staminali da cui hanno origine tutte le cellule del sangue. In alcune condizioni patologiche, come le infezioni virali e altre malattie infiammatorie, l’impiego e il possibile esauriment delle NK aumentano notevolmente. Per rispondere al fabbisogno dell’organismo, quindi, le staminali si attivano, iniziano a dividersi e a dare origine a diverse cellule difensive del sangue, in particolare le NK. Tuttavia per ottenere cellule NK mature e perfettamente armate occorrono molte settimane, un tempo non sempre compatibile con l’aggressività e la rapidità della replicazione del virus in corso d’infezione.

Le indagini di laboratorio sui campioni di sangue dei pazienti arruolati, hanno portato alla scoperta di due nuovi tipi di staminali, individuate grazie a particolari caratteristiche (marcatori) della loro superficie cellulare. Nel primo tipo sono presenti tre proteine: la proteina CD34, che permette di identificare tutte le cellule staminali del sangue, e le proteine DNAM-1 e CXCR4, che controllano l’attivazione e la migrazione delle cellule. Il secondo tipo, invece, è sprovvisto della proteina CD34 (perciò difficilmente riconoscibile come staminale), ma per una peculiare combinazione di molecole sulla superficie cellulare si è rivelato in grado di dare origine a cellule NK mature.

Dalla ricerca è emerso, inoltre, che molte delle NK generate dalle nuove staminali sono dotate di un recettore, la proteina NKG2C, che permette di riconoscere il citomegalovirus (CMV) e di bloccarne la replicazione. Il CMV è un virus molto diffuso ed è un’importante causa di malattia, soprattutto per le persone con il sistema immunitario compromesso.

“Le cellule staminali identificate per la prima volta con la nostra ricerca sono state rintracciate in grandi quantità nel sangue di pazienti con infezioni virali – spiegano il professor Lorenzo Moretta, responsabile dell’Area di ricerca di Immunologia del Bambino Gesù, e il professor Andrea De Maria, del Dipartimento di Scienze della salute dell’Università di Genova –. Rappresentano, quindi, una sorta di scorciatoia utilizzata dal sistema immunitario per generare rapidamente NK quando c’è bisogno di nuove armi contro i patogeni. Una volta isolate e coltivate in laboratorio, le nuove staminali si moltiplicano e, in circa tre settimane, danno origine a cellule NK mature, dotate di una spiccata capacità di uccidere le cellule tumorali e pronte a combattere i virus, soprattutto il citomegalovirus”.

“La scoperta di staminali così efficaci nelle difese contro i virus, ma anche molto efficaci contro i tumori, apre la strada alla definizione di strategie terapeutiche per sfruttarle al meglio – sottolinea Moretta –. Immaginiamo, ad esempio, farmaci in grado di rafforzarle ulteriormente o in grado di indurne una estesa proliferazione direttamente nei pazienti o in laboratorio, seguita da infusione nei pazienti stessi”.

“Indagini ancora del tutto preliminari hanno individuato numeri particolarmente elevati delle nuove cellule staminali anche in pazienti con Covid-19 – conclude De Maria –. Questi dati potrebbero offrire nuovi spunti per comprendere meglio la grave malattia innescata dal virus SARS-CoV-2 (ad esempio studiando le possibili correlazioni tra la frequenza delle nuove staminali e l’evoluzione del Covid-19) e per disegnare nuovi interventi terapeutici efficaci”.

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