L’infermiere esperto in psichiatria: uno stigma da cambiare

Nel corso degli ultimi anni il problema dei disturbi mentali ha assunto una maggiore portata e tende ora più che mai alla cronicità sia a livello mondiale, europeo che italiano.

Nel corso degli ultimi anni il problema dei disturbi mentali ha assunto una maggiore portata e tende ora più che mai alla cronicità sia a livello mondiale, europeo che italiano.

Sono infatti circa 450 milioni le persone che ne soffrono nel mondo, 165 milioni in Europa e circa 4000 in Italia. Da tali stime si evince, dunque, che l’ambito psichiatrico ha assunto un’evoluzione e una rivoluzione senza precedenti.
Approfondiamo la questione in merito con il dott. Antonio Mele, infermiere esperto in psichiatria presso la clinica psichiatrica ex villa Chiara di Napoli.

Dottor Mele, iniziamo il nostro approfondimento sull’ambito psichiatrico partendo innanzitutto da questa riflessione: chi è l’infermiere esperto in psichiatria? Quali sono le sue responsabilità professionali e le sue peculiarità?

L’infermiere esperto in psichiatria è il professionista sanitario che ha non solo una particolare abilità nell’instaurare una relazione terapeutica con l’assistito, ma possiede anche competenze tecniche e osservazionali rivolte a tutte le attività quotidiane che compie l’assistito.

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Assume, inoltre, il ruolo di terapista che sa creare un’atmosfera in cui le attività e i comportamenti sono rivolti verso l’obiettivo terapeutico, che può essere sia la risoluzione dell’evento acuto sia una migliore qualità di vita; il ruolo di consulente, di educatore e di collaboratore che contribuiscono a pianificare l’aiuto terapeutico al paziente e alla famiglia.

In sostanza, è il promotore della salute mentale dell’assistito presso la famiglia e la collettività.

Quali sono le patologie che si riscontrano più frequentemente? Come cambia l’approccio infermieristico in relazione ad esse?

Per rispondere a questa domanda occorre una precisazione: il paziente giunge in reparto solo quando sussiste un evento acuto, come ad esempio un episodio depressivo, maniacale oppure una psicosi, fenomeni di insonnia, quindi il paziente può essere curato al proprio domicilio o in strutture semi-residenziali come i centri diurni.

I disturbi di ansia, i problemi dissociativi e della personalità sono i disturbi maggiormente diffusi e che si riscontrano più frequentemente.

Come cambia l’approccio infermieristico in relazione ad esse?

L’approccio varia da persona a persona anche in quest’ambito, ma l’aspetto comune che si riscontra verso tutti i pazienti è questo: ci si trova di fronte una persona prima della sua patologia ed è necessario rispettarla nella sua integrità.

Va garantita la sua privacy come in qualsiasi altro paziente, mentre l’approccio diretto alla patologia varia in relazione al disturbo mentale: ad esempio, ad un paziente depresso si deve garantire l’adesione al programma terapeutico, promuovere la riacquisizione della responsabilità di sè, favorire un’adeguata soddisfazione dei bisogni di base, elaborare il sintomo che il paziente manifesta senza annullarlo, senza sminuirlo e cercare di risolverlo.

Verso un paziente violento, invece, si deve mantenere una postura aperta, mostrare comprensione e incoraggiare il dialogo, fornire istruzioni chiare e precise e porre un’attenta sorveglianza lasciando gli appropriati ambiti di libertà.

In un paziente con attacchi di panico, invece, l’intervento infermieristico deve essere rivolto a guidare la persona nel rallentamento del respiro allontanandola dalla situazione che ha scatenato la crisi e rassicurandola.

Ripercorriamo la storia dell’infermiere psichiatrico: com’è avvenuta la sua evoluzione?

La figura dell’infermiere psichiatrico fin dalle origini è sempre stata sottovalutata.

Si trattava inizialmente di una figura che proveniva dalle classi sociali meno agiate e svolgeva soprattutto un ruolo di custodia senza alcuna formazione.

Infatti, fino alla fine del XVIII secolo era semplicemente identificato come il ”guardiano dei folli”: in una legge del 1909 i criteri di scelta erano rivolti alle classi contadine, in particolare agli uomini maggiori di 21 anni e alle donne maggiori di 18 anni incensurati e con una robusta e sana costituzione.

Poi, solo attraverso l’azione di Philippe Pinel all’ospedale di Salpêtrière in Francia si raggiunge un primo cambiamento del ruolo dell’infermiere; tuttavia, si dovranno aspettare le idee e l’esperienza di Franco Basaglia con la legge n.180/78 per ottenere l’evoluzione vera e propria sia della professione infermieristica sia dello stesso ambito psichiatrico: con essa si ottiene, infatti, la chiusura delle istituzioni manicomiali, l’istituzione di sezioni di psichiatria solo all’interno di ospedali generali e la regolamentazione del trattamento sanitario obbligatorio.

In seguito a questo cambiamento anche l’infermiere, da semplice custode ed esecutore, inizia la sua trasformazione in qualità di professionista intellettuale.

Quali sono le strategie terapeutiche che l’infermiere adotta verso il paziente psichiatrico?

Certamente la comunicazione e il dialogo sono le migliori strategie per instaurare una relazione terapeutica e sostenere il paziente nelle sue attività per ottenere la guarigione o la risoluzione dell’evento acuto che l’ha condotto al ricovero.

Ecco che quindi l’infermiere sostiene il paziente nei momenti di crisi e, come ci ricorda l’articolo 30 del Codice deontologico, ”si adopera affinchè il ricorso alla contenzione sia evento straordinario”.

Esiste, secondo la sua esperienza professionale, uno stigma, un marchio nei riguardi di questa tipologia di pazienti?

Purtroppo si può riscontrare una completa disattenzione per il paziente psichiatrico, considerato da sempre come una persona da allontanare, da escludere, da tenere a bada perchè ritenuto potenzialmente pericoloso oppure potenzialmente aggressivo e per questo da contenere.

Insomma, si ha paura e poca conoscenza della patologia psichiatrica che sono ancora radicate nella nostra società.

Bisogna, invece, far comprendere che con il paziente psichiatrico si può dialogare attraverso un atteggiamento senza pregiudizi e in una condizione di ascolto attivo per comprendere cosa ci vuole esprimere senza rafforzare nè escludere le sue ideazioni o i suoi sintomi anche se possono sembrare paradossali.

Questo marchio vale anche per gli infermieri?

Degli infermieri psichiatrici si ricordano sempre le origini e non l’evoluzione che è avvenuta.

Oggi gli infermieri esperti in psichiatria sono i professionisti sanitari che, come tutti gli infermieri, acquisiscono un’appropriata e competente formazione universitaria, sono soddisfatti della loro professione in quanto attuano un’assistenza costantemente aggiornata rispetto alle moderne concezioni della psichiatria e il loro lavoro è indirizzato ad una tipologia di pazienti che potremmo definire più ”sincera”: sono più collegati alle loro anime e ai loro pensieri ed è possibile riscontrare sia con la comunicazione verbale che non le loro progettualità e le loro elaborazioni.

Grazie per il suo prezioso contributo!

Un caro saluto ai lettori di Nurse Times!

Anna Arnone

https://www.nursetimes.org/tesi-di-antonio-mele/

Redazione Nurse Times

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