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Medicazioni e trattamenti delle ustioni. Innesto e debridement chirurgico: escarotomia

MEDICAZIONI E TRATTAMENTI DELLE USTIONI

La cura delle ferite determinate dalle ustioni nei centri per gravi ustionati è diventata una prestazione specializzata della pratica infermieristica e può essere estremamente impegnativa e complicata.

 La complessità esiste a causa della varietà di tipi di lesioni da ustione, ognuna delle quali richiede diversi interventi. Sono impiegati una vasta gamma di materiali per la medicazione delle ustioni. Secondo l’attuale letteratura medica, nessuna medicazione ideale, che si adatterebbe sempre a tutte le ferite, è ancora stata identificata.

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La medicazione ideale dovrebbe fornire un ambiente ottimale per la guarigione della ferita, consentire lo scambio gassoso di ossigeno, anidride carbonica e vapore acqueo, fornire isolamento termico, dovrebbe essere impermeabile ai microrganismi, non aderente, sicura da utilizzare, sopportabile per il paziente, conveniente, dovrebbe fornire protezione meccanica, essere sterile e facile da utilizzare al fine di ridurre i tempi di medicazione necessari.

La cura delle ferite da ustione si basa sulla profondità della lesione.

È quindi necessario operare una distinzione tra quello che è il trattamento delle ustioni superficiali ed il trattamento delle ustioni profonde:

Le ustioni superficiali, generalmente necessitano di un trattamento locale e possono essere gestite ambulatorialmente. Le ustioni superficiali vanno incontro a guarigione attraverso un processo di riepitelizzazione spontanea, pertanto possono guarire senza la necessità di intervento chirurgico e possono essere trattate con creme e medicazioni topiche.

Possono richiedere per il loro trattamento l’utilizzo di emollienti o di umettanti topici. Entrambi mantengono l’idratazione della pelle riducendo l’evaporazione dell’acqua favorendo il processo di guarigione. Alcuni trattamenti convenzionali delle ustioni superficiali si basano sull’applicazione di sostanze antimicrobiche come ad esempio: combinazioni di antibiotici topici, iodiopovidone, composti d’argento, sulfadiazina argentica, clorexidina, mafenide acetato e simili.

I composti d’argento sono stati utilizzati nelle ustioni per il trattamento delle infezioni. I composti con argento ionizzato possono reagire con gruppi tiolici di enzimi e proteine nelle cellule microbiche, inibendo così la crescita e il metabolismo di una vasta gamma di microrganismi.

La sulfadiazina d’argento è un altro derivato che può essere applicato per prevenire la proliferazione microbica sulla superficie cutanea danneggiata, è l’agente antimicrobico topico più comune, ma è spesso associato a resistenza da parte degli agenti patogeni nosocomiali, per esempio Pseudomonas.

È possibile utilizzare idrofibre ed alginati per il loro elevato potere assorbente, che permette un buon controllo dell’abbondante essudato in questi pazienti.

Tra questi prodotti sono disponibili: Aquacel Ag, medicazione in tecnologia hydrofiber, composta da carbossimetilcellulosa sodica pura in fibre gelificanti e rinforzante con aggiunta di ioni argento; ed Acticoat flex che fa parte degli alginati, è una medicazione che contiene argento nanocristallino con un rilascio prolungato, con conseguente miglioramento degli effetti antibatterici e la riduzione della frequenza di infezione e disagio del paziente.

Hanno tossicità cellulare relativamente bassa, riducono il dolore e accelerano la guarigione, quindi diminuiscono i costi. Inoltre, unguenti topici come la bacitracina possono essere utilizzati per piccole ferite, ma dovrebbero essere interrotti entro una settimana, poiché possono causare rash cutaneo.

La scelta del tipo di medicazione da applicare si basa sulla condizione della ferita e sul risultato atteso.

Quindi per un’ustione superficiale di primo grado il trattamento è minimo (basato sull’analgesia e sull’idratazione) oppure potrebbe non essere richiesto nessun trattamento poiché la guarigione è molto rapida. L’obiettivo del trattamento è quello di incoraggiare la riepitelizzazione, è necessario quindi mantenere un ambiente umido.

L’uso di medicazioni in grado di mantenere un ambiente umido riduce il dolore e fornisce un letto ottimale della ferita per la fase di riepitelizzazione. Quando si verifica l’essiccazione con formazione di pseudoescara, se questa persiste per più di 14 giorni, è necessario considerare di procedere allo sbrigliamento.

Per quanto riguarda invece la cura e trattamento delle ustioni profonde, queste alterano notevolmente le normali proprietà fisiologiche della pelle e sono caratterizzate dalla presenza di un’escara necrotica: uno strato secco e coriaceo di colore che varia da marrone chiaro a marrone che provoca la perdita della distensibilità della pelle normale e che contribuisce alla compressione.

Queste ustioni non vanno incontro a guarigione spontanea.

La precoce rimozione dell’escara è considerato un passo significativo nel trattamento delle ustioni profonde a spessore parziale e totale che mira a controllare il carico biologico della ferita e a consentire in anticipo la guarigione della stessa mediante un trattamento conservativo o innesto cutaneo.

È ampiamente riconosciuto che la rimozione precoce dell’escara entro 48 ore può migliorare l’esito del trattamento della ferita da ustione al fine di ridurre la mortalità e le complicanze come infezioni, ricoveri prolungati e cicatrici ipertrofiche nei pazienti con gravi ustioni.

Tuttavia, la complessità della valutazione della profondità dell’ustione in questo intervallo di tempo dovuta alla progressione della gravità dell’ustione, alla demarcazione tardiva, nonché motivi logistici a volte pospongono il momento ideale di rimozione dell’escara, che può portare a lesioni aggiuntive e perdita di derma vitale.

In sintesi, la tecnica ottimale per la rimozione dell’escara dovrebbe essere quella di rimuovere selettivamente il tessuto ustionato non vitale, raggiungere una perdita di sangue minima, consentire un’ottimale valutazione clinica del letto della ferita e prendere le adeguate decisioni di trattamento con una conseguente guarigione più rapida della ferita per mezzo di un trattamento conservativo o copertura chirurgica precoce con innesti, quando necessari, per migliorare il risultato estetico e funzionale e quindi la qualità della vita.

La rimozione dell’escara può essere effettuata attraverso due modalità: debridement chirurgico o enzimatico.

DEBRIDEMENT CHIRURGICO: ESCAROTOMIA

L’escarotomia è una metodica di trattamento chirurgico che comporta l’asportazione cruenta in anestesia generale di una grande quantità di tessuto necrotico dalla superficie ustionata.

Essa può essere eseguita in maniera precoce o tardiva. Il trattamento chirurgico eseguito in fase precoce (entro i primi 7 giorni) prevede diverse tecniche di asportazione dei tessuti necrotici:
  • Escissione tangenziale superficiale, consiste nella rimozione chirurgica del derma necrotico fino al derma vitale. Viene attuata nelle ustioni dermiche profonde, in cui resta vitale solo un sottile strato di derma profondo. Il derma necrotico di colorito rosso scuro o grigio-giallastro è asportato fino a che la superficie risulta uniformemente sanguinante senza aree ischemiche interposte.
  • Escissione tangenziale profonda, consiste nella rimozione del tessuto necrotico a strati successivi fino al tessuto sano, rappresentato in questo caso da sottocute o fascia.
  • Escarotomia precoce, rimozione chirurgica in blocco del tessuto necrotico fino alla comparsa di un piano deterso e sanguinamento; dopo un’accurata emostasi si procede col confezionare medicazioni avanzate o all’applicazione di sostituti cutanei a cui farà seguito la copertura definitiva con cute autologa. Con tale tecnica l’asportazione viene effettuata appena conclusa la fase di shock. In modo da prevenire il riassorbimento dei prodotti tossici dal tessuto necrotico e l’insorgenza di infezioni.

Nel caso in cui l’intervento chirurgico sia tardivo (dopo il 15° giorno) la tecnica di riferimento è l’escarotomia tardiva questa tecnica chirurgica si utilizza per lesioni a tutto spessore nelle quali condizioni locali/generali hanno sconsigliato una chirurgia precoce dei tessuti necrotici.

Consiste nella demarcazione spontanea delle aree necrotiche e successiva escarotomia e riparazione. La rimozione tardiva dell’escara presenta come grande svantaggio la permanenza in sede dei tessuti necrotici, con conseguente aumentata tossiemia e rischio di infezioni.

L’escarotomia è una metodica che oltre a dare la possibilità di rimuovere precocemente il tessuto necrotico, è utile anche a ridurre la pressione all’interno del compartimento. In quest’ultimo caso si fa riferimento ad un tipo di escarotomia, definita escarotomia decompressiva, che viene eseguita in emergenza.

Dopo gravi ustioni, i fluidi passano dagli spazi intravascolari agli spazi extravascolari ed extracellulari, determinando edema con aumento della pressione all’interno dei compartimenti.

Pressioni del compartimento al di sopra di 40 mmHg possono determinare ischemia e necrosi dei tessuti se questa pressione non viene rilasciata.

Le escarotomie decompressive, dette anche incisioni cutanee di scarico, possono essere necessarie ogni volta che le ustioni minacciano di comprimere le strutture anatomiche sottostanti attraverso il meccanismo fisiopatologico detto “laccio emostatico esterno”, con il rischio che si possa sviluppare una sindrome compartimentale con perdita della perfusione ematica.

Indicazioni all’escarotomia decompressiva sono:

  • Ustioni circonferenziali della regione cervicale che provocano strangolamento che determina dispnea inspiratoria ed asfissia.
  • le ustioni profonde del torace che possono causare disfunzione respiratoria ed emodinamica: i cercini cutanei bloccano i movimenti inspiratori e portano a insufficienza respiratoria, l’aumento delle pressioni nelle vie aeree, diminuzione del precarico e tachicardia.
  • Ustioni delle estremità che includano l’assenza di segnali doppler, segnali di ossimetria in diminuzione o assenti, aumento della pressione nel compartimento o sintomi neurologici come parestesie. A livello degli arti, la stasi venosa e l’ischemia arteriosa sono facili da identificare. La stasi venosa è evidente in caso di turgore delle vene superficiali e di aspetto bluastro dei tegumenti. L’ischemia arteriosa è facile da diagnosticare di fronte a un arto bianco e freddo i cui polsi distali sono scomparsi e quando lo stiramento passivo dei muscoli innesca un dolore acuto. I deficit sensitivi e motori sono successivi e corrispondono a un’ischemia già avanzata.

Le incisioni dovrebbero essere praticate solo nell’escara cutanea anelastica tipica delle ustioni profonde.

Successivamente, il tessuto necrotico deve essere sbrigliato e sostituito con un innesto cutaneo. [5] Per quanto concerne la tecnica di esecuzione le escarotomie decompressive devono essere effettuate in condizioni rigorose di asepsi chirurgica.

L’anestesia generale è raccomandata. Anche se le incisioni vengono fatte attraverso tessuti necrotici e, quindi, insensibili poiché le terminazioni nervose sono andate distrutte.

Le incisioni di scarico devono essere delle incisioni longitudinali abbastanza profonde da rilasciare l’escara, che quindi aprono l’epidermide e il derma nelle aree ustionate ed eventualmente la fascia superficiale, evitando le strutture neurovascolari per consentire il rilascio delle elevate pressioni compartimentali ed il ripristino di un’adeguata perfusione ai tessuti distali e successiva rimozione dell’escara.

L’efficacia delle escarotomie è rilevata immediatamente: dall’abbondante essudazione dell’edema nell’incisione, dalla ricomparsa di polsi distali e dalla ripresa di colore dei tegumenti (non ustionati) degli arti e dalla migliore efficacia respiratoria se a livello toracico.

Nonostante l’escarotomia sia stata largamente utilizzata in passato, questa procedura comporta una notevole morbilità.

Il trattamento chirurgico, sia esso precoce o tardivo, non è scevro da rischi e complicanze che sono proporzionali all’entità del danno, alle condizioni del paziente, all’entità del trauma chirurgico, al tipo di tecnica utilizzata, alla durata e tipo di anestesia (generalmente sono sempre effettuate in anestesia generale).

Sebbene possa essere efficace, l’escarotomia è una metodica invasiva ed in quanto tale richiede l’intervento di personale e strutture specializzate. Nel momento in cui si pratica l’escarotomia, si deve fare molta attenzione a non ledere le principali strutture neurovascolari, pertanto le incisioni devono includere tutto lo spessore della pelle ustionata, ma niente di più, in modo da ridurre al minimo il rischio di ledere le strutture più profonde.

Tra le principali complicanze c’è il sanguinamento: l’asportazione chirurgica dell’escara provoca una perdita di sangue che può manifestarsi in maniera significativa.

Con l’escarectomia la perdita ematica che ne consegue, se non compensata, può comportare gravi squilibri emodinamici, gli eventuali sanguinamenti possono essere trattati con la cauterizzazione ed è necessario un controllo dell’emostasi all’atto della medicazione. Un’altra possibile complicanza dell’escarotomia è l’infezione dei tessuti molli, che può essere prevenuta attraverso l’uso di antibiotici topici o l’escissione precoce e autoinnesto di tutte le ustioni profonde, parziali e a tutto spessore.

L’escarotomia potrebbe inoltre provocare cicatrici spesse, ipertrofiche, retrattili e dolorose con risultato funzionale ed estetico più scadente ed a causa della scarsa selettività, l’asportazione chirurgica spesso sacrifica il tessuto sano e vitale insieme al tessuto necrotico. Perdite cutanee significative riducono la capacità di ustioni a spessore parziale e profondità mista di guarire spontaneamente, richiedendo l’uso di innesti cutanei autologhi per la copertura della ferita.

Per cercare di ovviare a queste limitazioni e svantaggi, nel corso degli anni si è assistito allo sviluppo di diverse tecniche alternative per la rimozione dell’escara, tra cui il debridement enzimatico con Nexobrid® anche se attualmente nessuno di questi trattamenti è diventato lo standard di cura.

DEBRIDEMENT ENZIMATICO: NEXOBRID®

Il debridement enzimatico è stato descritto come tecnica aggiuntiva per il trattamento del paziente ustionato. Vi sono prove crescenti che il debridement enzimatico sia un potente strumento per rimuovere precocemente l’escara nelle ferite da ustione, riducendo la perdita di sangue, la necessità di innesto cutaneo autologo e numero di ferite che richiedono escissione chirurgica.

Il debridement enzimatico rapido e selettivo ha quindi il potenziale per offrire un’alternativa meno invasiva rispetto ai metodi chirurgici di rimozione dell’escara (escarotomia) , in quanto esso può sbrigliare il tessuto ustionato, riducendo così la risposta infiammatoria e l’edema tissutale.

Il debridement enzimatico può essere effettuato attraverso l’applicazione di Nexobrid®. Questa è una procedura che viene effettuata dagli infermieri dei centri ustione ed è sicura ed affidabile.

Nexobrid® è infatti una risorsa utile nel debridement dell’escara che è emersa negli ultimi anni e che sta acquisendo rilevanza nel trattamento delle ustioni profonde a spessore parziale e totale.

Nexobrid® si compone di un concentrato di enzimi proteolitici arricchiti con bromelina per il debridement enzimatico delle ustioni e si presenta sotto forma di polvere e gel da miscelare insieme.

Ha dimostrato di essere efficace e sicuro se applicato su ustioni di secondo grado profondo e terzo grado rispetto al debridement chirurgico e all’escissione operatoria.

E’ anche importante notare come l’enzima funzioni rapidamente entro 4 ore dall’ applicazione, sbrigando selettivamente l’escara e risparmiando le strutture ed i tessuti incombusti.

Nexobrid® viene applicato direttamente sulla zona ustionata. Coperto con una medicazione occlusiva, eseguendo un debridement specifico del tessuto ustionato rapidamente lasciando un letto della ferita vitale e completamente sbrigliato.

Questa risorsa consente di eseguire un debridement precoce, alla prima valutazione del paziente, senza la necessità di portare il paziente in sala operatoria, richiedendo solo un adeguato controllo del dolore e un team infermieristico preparato per la detersione delle ustioni, la miscelazione, l’applicazione e rimozione del prodotto. È necessaria un’analgesia efficace durante l’applicazione, durante il tempo in cui il prodotto agisce e quando viene rimosso. A tal fine si può ricorrere all’anestesia locoregionale o alla sedazione profonda, a seconda dell’entità delle lesioni subite.

Questo metodo di sbrigliamento raggiunge una maggiore specificità nel processo, preservando una quantità maggiore di derma sano rispetto al tradizionale debridement escissionale. La conservazione del derma vitale accompagnato da una chiusura precoce della ferita, è considerato un passaggio necessario per ridurre le cicatrici e le complicazioni correlate all’escara, ad esempio limitazioni funzionali e / o formazione di cicatrici non estetiche.

Va sottolineato che Nexobrid® non ha alcun effetto dannoso sulla pelle integra.

Sebbene la miscelazione e l’applicazione del Nexobrid® siano semplici e dirette, l’interpretazione e la gestione del letto della ferita esposto richiedono una certa esperienza. Pertanto, il debridement enzimatico offre una modalità di cura delle ustioni minimamente invasiva sicura, efficace, precoce, selettiva ed innovativa. Questa modalità in molti casi offre la possibilità di ridurre gli interventi di chirurgia (escissione ed innesto) e permettere la riepitelizzazione spontanea del derma sano per la chiusura della ferita.

INNESTO

L’asportazione precoce dell’escara e il posizionamento degli innesti cutanei (se necessario) è il trattamento raccomandato per ustioni profonde di considerevole entità. Qualsiasi ferita che non va incontro a guarigione entro 18-21 giorni dovrebbe essere rivalutata per possibile innesto. In linea di principio, la procedura chirurgica è semplice e consiste nell’ asportare il tessuto ustionato fino al tessuto vitale, ottenere l’emostasi e applicare innesti cutanei raccolti da un altro sito donatore.

L’esecuzione dell’innesto della ferita è limitata fondamentalmente da due fattori: la quantità di pelle non ustionata disponibile per poter essere dei potenziali siti donatori e la quantità di sanguinamento che si verifica durante questo intervento chirurgico.

L’innesto autologo (autograft) è un tessuto prelevato dai siti donatori del paziente. Gli innesti sono di solito innesti cutanei a spessore parziale, ovvero pelle raccolta ad una profondità tale da includere solo l’epidermide e una parte del derma.

L’innesto cutane a spessore parziale può essere reticolato per espanderlo e ottenere la copertura di una maggiore superficie della ferita e permettere ai fluidi ed al sangue di passare attraverso l’innesto e consentire il drenaggio.

Il principale svantaggio è che l’innesto cutaneo a spessore parziale tende a contrarsi durante la guarigione dando limitazioni funzionali a seconda del sito. Ci sono poi innesti cutanei a tutto spessore che comprendono tutti gli strati cutanei. Tuttavia, questo tipo di innesto crea una ferita molto profonda nel sito del donatore e limita la quantità di tessuto disponibile perché la pelle impiega molto tempo a guarire in modo sufficiente per essere nuovamente prelevata.

Ovviamente non ci sono problemi con il rigetto dell’autotrapianto. Quando il TBSA è troppo esteso per ottenere una copertura completa con autotrapianti, è possibile utilizzare altre medicazioni biologiche temporanee: ad esempio sostituti dermici ingegnerizzati come ad esempio Integra.

È approvato come sostituto cutaneo biologico per il trattamento delle ustioni intermedio-profonde e profonde perché permette la formazione de novo di neoderma fungendo anche da barriera poiché la perdita di liquidi risulta limitata. Altre possibilità sono rappresentate dall’alloinnesto: pelle di cadavere umana e lo xenotrapianto: pelle prelevata da un’altra specie animale .

Una medicazione biologica molto interessante è l’autotrapianto epiteliale in coltura.

Un campione cutaneo di pelle sana viene sottoposto a biopsia. Da questa è possibile coltivare una quantità illimitata di pelle. Poiché il tessuto è geneticamente identico alla pelle del paziente, non vi è alcun rischio di rigetto. Sfortunatamente però il prodotto finale è composto da pochi strati cellulari spesso ed è molto fragile poiché manca del derma rendendo l’applicazione tecnicamente impegnativa ed il costo è molto elevato.

Molto impegno è stato dedicato allo sviluppo di medicazioni sintetiche. Producono una minore risposta infiammatoria e minore raccolta di liquidi sotto la matrice.

Una complicanza degli innesti cutanei è la contrattura della cicatrice dell’ustione. Le contratture possono avere un profondo impatto sul paziente ustionato a causa della perdita di movimento. Per prevenire questa complicanza si devono identificare le aree a rischio di contrattura e valutare profondità e posizione dell’ustione.

Prevenire la perdita dell’innesto è un’altra sfida per l’assistenza infermieristica. Quando il paziente ritorna dalla sala operatoria la posizione deve essere mantenuta per 3 o 4 giorni. Chiaramente anche i siti da cui si prelevano gli innesti richiedono cure per prevenire il rischio di infezioni. L’obiettivo della gestione del sito del donatore è quello di mantenere la ferita secca.

Alessia Fumarulo

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