La metaemoglobina è una proteina simile all’emoglobina, che si differenzia da essa per il diverso stato di ossidazione del ferro.
L’accumulo di metaemoglobina negli eritrociti, definita metaemoglobinemia, può avvenire per cause acquisite od ereditarie. Alcune cause acquisite possono essere l’esposizione dell’organismo a sostanze chimiche ossidanti e a farmaci, mentre quelle congenite sono principalmente conseguenti ad un deficit enzimatico (deficit dell’enzima metaemoglobina-reduttasi).
Riportiamo un caso clinico apparso alcuni giorni fa sulla rivista scientifica internazione “The New England Journal of Medicine”.
Una paziente 25enne di sesso femminile si è presentato in Pronto Soccorso riferendo astenia da circa 24 ore e respiro corto. All’arrivo in ospedale ha riferito di “sentirsi molto stanca e di notare delle strane macchie sul proprio corpo”.
Presentava una frequenza respiratoria di 22 atti per minuto ed una saturazione di ossigeno dell’88% in aria ambientale. Questo parametro, monitorato costantemente attraverso pulsiossimetria, non è migliorato durante la somministrazione di ossigeno con maschera facciale.
La paziente appariva cianotica ed il sangue venoso e arterioso prelevato si presentava di un coloro particolarmente scuro. I risultati dell’emogasanalisi arteriosa sono stati i seguenti: la pressione parziale arteriosa di O2 nel sangue è risultata essere 120 mmHg ed una saturazione calcolata del 100%. Tuttavia, utilizzando un pulsi-CO-ossimetro
La paziente è stata quindi trattata con infusione endovenosa di blu di metilene, presentando un considerevole miglioramento della funzionalità respiratoria e una riduzione della cianosi.
La ragazza riferirà poi ai sanitari di aver utilizzato ripetutamente una crema anestetizzante a base di benzocaina la sera prima, per il trattamento di un’odontalgia. La metaemoglobinemia può difatti verificarsi dopo assunzione di alcuni farmaci, tra i quali gli agenti anestetici per uso topico contenenti benzocaina, attraverso vie metaboliche che possono variare da persona a persona.
Un paziente difficilmente potrebbe mai immaginare che questa sintomatologia possa essere dovuta al farmaco assunto.
La paziente ha avuto una completa risoluzione dei sintomi dopo la somministrazione endovenosa in Pronto Soccorso, venendo poi invitata a procedere ad un follow-up dentistico.
Fonte: The New England Journal of Medicine
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