E “nella sicurezza delle cure l’infermiere riveste in questo senso un ruolo fondamentale in quanto corollario fondamentale della responsabilità assistenziale e dell’autonomia, positivamente riconosciute dall’ordinamento giuridico”, spiega Barbara Mangiacavalli; presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche in occasione della seconda Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita.
“L’infermiere – aggiunge – è consapevole del proprio ruolo, e la tutela dell’assistito da assicurare con professionalità e una formazione adeguata è un’attività imprescindibile; parte integrante e fondamentale per l’erogazione in sicurezza delle cure e dell’assistenza alla persona”.
La sicurezza delle cure per l’infermiere ha punti di riferimento precisi.
“Il nostro Codice – spiega Mangiacavalli – prescrive tra l’altro che l’infermiere: si pone come agente attivo nel contesto sociale a cui appartiene e in cui esercita, promuovendo la cultura del prendersi cura e della sicurezza; si forma e chiede supervisione in caso di attività nuove o sulle quali si abbia limitata casistica e comunque ogni qualvolta ne ravvisi la necessità.
Valuta il contesto di lavoro e comunica i risultati partecipando attivamente al loro miglioramento sia in termini di sicurezza degli assistiti che dei professionisti; partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita, nella prevenzione e gestione del rischio, anche infettivo.
E anche in libera professione tutela la sicurezza e la continuità delle cure delle persone assistite. Tutto questo gli infermieri lo garantiscono già, ma perché il risultato sia ancora più evidente è necessario valorizzare le loro competenze e i loro percorsi di carriera; prevedendo specializzazioni e percorsi specifici che rendano merito alla formazione già di livello avanzato”.
Una sicurezza delle cure e una tutela del paziente che gli infermieri garantiscono a tutti i livelli di assistenza. E alla quale deve corrispondere naturalmente la sicurezza di chi assistenza e cure le eroga: sicurezza sul lavoro (con COVID sono deceduti 41 infermieri e oltre 15mila sono quelli infetti per ora); ma anche rispetto alle aggressioni e alla protezione da tutti gli agenti infettante dai materiali ad alto rischio (aghi, taglienti ecc.).
In ospedale svolgono e possono svolgere anche a livello di coordinamento (risk management) compiti per la sicurezza delle cure dei pazienti, garantendo: la riduzione dei rischi infettivi e prevenzione delle infezioni nei confronti dei pazienti in situazione di criticità; il monitoraggio, identificazione ed educazione alla prevenzionenei confronti dei cittadini e dei pazienti e per garantire comportamenti professionali sicuri, in grado di ridurre in modo importante il rischio di contrarre infezioni; un approccio sistemicopartendo dal presupposto che l’errore umano è intrinseco alla pratica clinica e, più in generale, a tutte le azioni umane.
Sul territorio gli infermieri svolgono un ruolo primario che comprende necessariamente: il monitoraggio della salute dell’assistito; l’educazione dell’assistito e dei caregiver, guidandoli nelle fasi più pericolose del processo di cura; fornendo anche informazioni su come riconoscere i medicinali e come somministrarli, sui corretti stili di vita e comportamenti sanitari che aumentano e garantiscono la sicurezza delle cure; il controllo dell’aderenza terapeutica, guidando e sostenendo il paziente per guidarlo, sostenerlo e consigliarlo nella sua terapia perché l’aderenza a questa sia assoluta.
“In questo senso – aggiunge Mangiacavalli – è determinate è il ruolo dell’infermiere di famiglia/comunità anche nella scuola, soprattutto per la sua riapertura così come anche indicato dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) che prevede nello staff degli istituti scolastici l’infermiere non solo per la prevenzione di COVID-19; ma anche per: il controllo dei bambini con problemi di cronicità, diabetici, asmatici, epilettici ecc. e per il raccordo tra scuola, famiglia e medico curante,per garantire che la salute abbia una vera e piena tutela e garantire davvero la sicurezza di assistenza e cure”.
“Gli infermieri ci sono e tutelano i loro assistiti – afferma ancora Mangiacavalli -. Lo sanno i pazienti che li riconoscono in questo periodo come importanti compagni di viaggio, sia dal punto di vista clinico che umano, perché per gli infermieri, come è scritto nel loro Codice deontologico, ‘il tempo di relazione è tempo di cura’ e lo hanno dimostrato e lo stanno dimostrando nella pandemia.
Lo sanno le istituzioni che ne chiedono l’intervento nelle situazioni più gravi, rendendosi finalmente conto della carenza che la FNOPI ormai denuncia da anni e che l’OMS a livello mondiale ancora quantifica in almeno 6 milioni di unità, mentre da noi, in Italia, è di circa 53mila unità, gran parte sul territorio come infermieri di famiglia/comunità di cui i primi 9.600 sono arrivati con il decreto Rilancio grazie alla sensibilità del ministro per la Salute e delle Regioni, per una vera assistenza a misura di cittadino”.
Redazione Nurse Times
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