CdL Infermieristica

Studiare infermieristica a Padova? Tre anni di sfruttamento da incubo

Riceviamo e pubblichiamo

Gentile redazione,

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sono un infermiere neolaureato, e ho atteso la laurea per scrivervi.

Ho frequentato la scuola all’Università di Padova, tre anni durissimi per il continuo susseguirsi di attività didattiche: tirocinio, laboratori, colloqui con tutor, briefing e debriefing, lezioni teoriche ed esami incalzanti.

Il tirocinio è organizzato con turni di lavoro, in abbinamento ad un infermiere. Ciò significa weekend, ponti e feste infrasettimanali, quando la maggior parte dei lavoratori e di tanti miei compagni di altri corsi di laurea sono a riposare.

I tutor lo giustificano dicendo che è per dare continuità all’assistenza del paziente e avere sempre lo stesso infermiere! Certo! Come no! Continuità forse ne daremo di più se fossimo presenti tutte le mattine. Le ore previste devono tutte essere svolte altrimenti non si è ammessi all’esame di tirocinio o si recuperano durante il mese di agosto (unici 20 giorni liberi senza attività programmate). Se c’è sciopero degli infermieri gli studenti non devono andare in tirocinio, ma le ore devono recuperarle in un altro momento (quando?).

Se però facciamo due conti, ci accorgiamo che più di un terzo delle ore svolte, qualitativamente parlando, è perso: ore notturne (11) o svolte in fasce pomeridiane con meno attività assistenziali. Ah! Dimenticavo! Mi hanno fatto recuperare poco più di venti ore che mi portavo come debito dal primo anno!

Primo anno? Che ricordo! Non vedevo l’ora di iniziare il tirocinio. Volevo toccare con mano la realtà e sentirmi utile. Indossare un camice! Ma, ahimè! Il primo periodo di 4 settimane l’ho svolto in una medicina con pazienti anziani e, per imparare a fare l’igiene e l’assistenza di base, sono stato assegnato agli OSS. Rifacimento letti (anche vuoti), igiene intima, e tuttofare! Ma d’altra parte, tra gli obiettivi di tirocinio del primo anno sono previste queste attività:

  • Predisporre ausili e attrezzature per indagini e attività di assistenza e cura
  • Predisporre unità persona adulta: rifacimento letto vuoto/occupato in rapporto a caratteristiche del caso clinico
  • Applicare precauzioni standard e precauzioni basate sulla via di trasmissione: aerea, droplet e contatto
  • Eliminare rifiuti a rischio biologico e non
  • Effettuare bagno a letto completo
  • Curare l’aspetto esteriore
  • Effettuare pulizia parziale: cavo orale, viso, mani, piedi, area genito-perineale
  • Favorire il comfort ambientale:luce, rumore, microclima
  • Porre in posizione Fowler/semiFowler, supina, laterale…
  • Trasferire la persona (letto-sedia, letto-barella)
  • Supportare nella deambulazione, con e senza ausili
  • Posizionare ausili per eliminazione a letto e in stanza

I successivi anni sono trascorsi in fretta, ma spesso con poche soddisfazioni. Per quanto mi impegnassi non bastava mai per molti infermieri guida di tirocinio. Se chiedevo parlavo troppo o mettevo in difficoltà. Se tacevo ero indifferente o poco propositivo. Se attendevo ordini non ero proattivo. Se mi fermavo a studiare nelle ore di bassa attività, mi imboscavo!

Gli infermieri sono molto competenti, ma si lasciano “usare” come factotum.

La chicca viene al terzo anno con un obiettivo che ancora non ho compreso! O meglio, non ne comprendo l’applicazione in una realtà ospedaliera dove l’infermiere è mero esecutore di procedure o istruzioni operative (le chiamano così). Si tratta del “Nursing Avanzato”! Cosa? Una sorta di piano educativo per pazienti, finalizzato all’autocura. Ci era chiesto di farlo ovunque (a parte il paziente in coma! Bhé, grazie tante)! Una invenzione o una modalità di chiamare i piani educativi solamente padovana (in letteratura non c’è nulla con questa dicitura).

Esami di tirocinio? Meglio calare un velo pietoso sulle modalità di conduzione! Segregati un giorno intero in uso spazio talmente fatiscente da dover essere abbattuto! Risultati? Ovviamente pessimi! E la colpa? Dello studente! Non studia e non ragiona! Peccato che la media sia uguale per tutti e non servano deviazioni standard! Tutti? Forse qualcosa non va nel metodo didattico! O forse a Padova sono selezionati i peggior studenti per scarsa motivazione e deficit cognitivi.

Altro momento forte sono stati i colloqui finali di tirocinio per discussione di caso clinico con il tutor: un tempo snervante e carico di ansia, umiliante (ma poi si parla di empatia e rispetto). Una tutor in particolare; appuntamenti mai rispettati e colloqui che spesso supervano le due ore!!! Risultato? Non servivano a nulla! Parlava sempre lei e spesso leggeva il caso seduta stante tra una telefonata personale e un’altra!

Cara redazione, io sono uscito, ma di certo non farei più questa scuola a Padova! E non la consiglio ad altri! C’è di meglio! Non per i tutor, tra l’altro pochissimi, che presi singolarmente hanno professionalità e ampia competenza (due in particolare di grande spessore curricolare), ma per la direzione didattica che non c’è! O meglio, c’è un coordinatore “fantasma” che è meglio non prenderlo a modello, per non danneggiare ulteriormente l’immagine sociale dell’infermiere).

Ci tenevo a portare la mia esperienza da studente con la speranza che qualcosa migliori! So che c’è di peggio! Ma Padova potrebbe avere più attenzione al tirocinio degli studneti di infermieristica!

Chiedo l’anonimato perchè se sarò assunto nella stessa azienda non vorrei ripercussioni al concorso.

Un infermiere

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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Dott. Simone Gussoni

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