SULLE ELEZIONI IPASVI E SULLA PARTECIPAZIONE

Cari colleghi, qualcuno di voi starà sicuramente seguendo l’agitato mare che si muove intorno alla richiesta di dimissioni della Presidente Nazionale Silvestro. È per me difficile riuscire a dare un giudizio sintetico su quello che sta succedendo; Per mia natura tendo a vedere le cose mai come bianche o nere e colloco gli avvenimenti sociali importanti in contesti che voglio vedere complessi. La rete, il social network, ha questa incredibile e terrificante capacità -invece – di muovere le masse secondo logiche binarie di “buono” e “cattivo” parlando tanto alla pancia e poco alla testa. Come infermieri dovremmo ben sapere che la complessità umana non tende mai ad un solo estremo e la curiosità – propria delle scienze sanitarie – dovrebbe sempre spingerci ad andare oltre l’apparenza.

Comunque una riflessione va fatta perché il confronto e financo la critica feroce è importante pur se mosso in un contesto legittimo e nella conoscenza di ciò che si afferma. Parliamo quindi del sistema elettorale IPASVI con semplicità ed onestà. Le elezioni Provinciali e Nazionali sono rigidamente normate da una giurisprudenza ordinistica sicuramente vecchia ed antiquata ma ancora valida e a cui è necessario attenersi. I presidenti eletti a livello provinciale andranno a votare il comitato centrale nazionale. Non sono ammesse deleghe se non quelle del vicepresidente. Ogni presidente ha a sua disposizione una scheda ogni 200 iscritti. Capite quindi bene che chi presiede grandi Collegi indirizza con più facilità le politiche nazionali e, difatti, il comitato centrale ha sempre avuto grandi collegi al suo interno. Bene. È naturale tendere ad un rinnovamento. È auspicabile che la base pretenda di poter dire la sua ed indirizzare le figure dirigenziali a lavorare secondo le istanze che vengono dal basso.

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Quello che non è naturale è lamentarsi su internet e disertare le elezioni. Capisco la disaffezione e la demotivazione con le votazioni politiche ma su quelle ordinistiche faccio più fatica. Il Collegio è auto rappresentativo. Il Collegio siamo noi nel vero senso della parola. Siamo noi che ci votiamo e che ci rappresentiamo. Chi è il vostro Presidente? Un turnista che tre anni fa era in una lista alternativa all’allora consiglio uscente. Ha fatto carriera? No. Prende gettoni di presenza? No. In compenso ha sacrificato vita privata in dosi abbondanti. E questo vale comunque per TUTTO il consiglio direttivo attuale. Entrare nel Collegio non elargisce poteri incredibili e autorità sconfinata. Non esiste una stanza segreta con dei bottoni magici per cambiare le cose. Le cose le cambiamo solo se siamo uniti e partecipativi. Solo se capiamo che il consiglio direttivo è chiamato a rappresentare, a governare, ad indirizzare, ma siamo TUTTI noi a dover lavorare in una direzione per lo meno il più condivisa possibile.

Il Collegio non ha occhi divini in grado di vedere tutto e capire tutto e non è un demiurgo professionale. Il Collegio ha bisogno dei vostri consigli, della vostra voce, delle vostre segnalazioni, del vostro entusiasmo. Si vuole quindi cambiare la direzione Nazionale? Bene. Candidatevi. Cambiate le Province per poi andare ad incidere al vertice. Lo strumento c’è. Certo sarei sciocco a dire che cambiare i grandissimi collegi sia facile. Sarei falso a non ammettere che si muovono interessi professionali ed accordi più meno espliciti (sia chiaro legittimamente in quella che è la parte più discussa e discutibile della “politica” ma pur sempre presente) e più in alto si va più è frequente che questo accada. Ma questo non giustifica alcunché nel momento in cui alle votazioni si raggiunge a fatica il 10% degli iscritti e alle assemblee – forse – il 5% e non parlo della nostra piccola realtà. Chi ha voluto dare spallate anche irruente perché stanco della gestione attuale ci è riuscito (e anche in questo caso non sto parlando di noi) anche solo, ad esempio, contestando e non approvando il bilancio alle assemble degli iscritti. Certo è che le condizioni devono essere due: la volontà di mettersi in gioco perché dire “a casa tutti ME COMPRESO” non funziona; la contestazione deve essere sorretta da chiare ragioni.

Dire “la quota è troppo alta” non significa niente. Se ho un avanzo risicato e tutte le voci impegnate con equità e trasparenza più di tanto non ci posso fare e la mia contestazione non trova legittimità. Ma torniamo a noi. Ha quindi senso chiedere le dimissioni di una Presidente che abbiamo votato indirettamente noi attraverso i nostri presidenti, quelli sì, votati direttamente? A mio avviso no. Entro l’anno si voterà in tutta Italia a livello provinciale. Già questo non vi fa venire il dubbio che tutto il malumore sia comunque impregnato da una propaganda pre elettorale? Legittimo. Ma almeno lo si dichiari. E comunque, caro collega Grossetano o non Grossetano, sii protagonista di te stesso.

Mettiti in gioco. Lamentati, urla tutta la tua –giustificata –rabbia ma, per favore, candidati, fai candidare, vota e fai votare. Semplice. Banale. Aggiungici pure retorico se ti fa sentire meglio. Però vero. Una rivoluzione ben più a portata di mano di quanto teorie complottiste e logiche disfattiste non vogliano far credere. Certo richiede che tu – che ti lamenti su facebook – sia disposto a sacrificare un po’ della tua vita privata entrando a lavorare nel tuo collegio provinciale fuori dal tuo orario di lavoro. Sei ancora pronto per la rivoluzione vera? Quella fuori da facebook? Io ne sarei ben contento. E se non riesci nella difficile impresa di prendere un grande collegio, collega arrabbiato, tanti piccoli collegi provinciali possono fare molta molta differenza. Purchè lo si faccia, e su questo c’è da lavorare tutti noi compresi, partendo da basi costruttive e ragionate e mettendo la disciplna infermieristica al primo posto nelle discussioni di protesta.

Nicola Draoli

Redazione Nurse Times

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