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Tubercolosi e immigrazione: un dato di fatto

La tubercolosi rappresenta ancora oggi un problema prioritario per la salute pubblica globale per la cui soluzione si rende indispensabile un intervento sistematico di controllo della diffusione della malattia nella popolazione. Sono oltre 9 milioni i casi di Tbc che si verificano nel mondo ogni anno e un milione e mezzo sono i decessi (Global TB report, OMS, 2015).

Anche se l’Italia è definita come un paese a bassa incidenza poiché si verificano meno di 10 nuovi casi di malattia ogni 100.000 abitanti/anno è interessante evidenziare che, la maggior parte di essi, si verificano in soggetti appartenenti alle categorie più deboli o che più difficilmente possono accedere ai servizi socio-sanitari e di come questo possa influenzare in maniera proporzionale lo stato dei servizi sanitari di determinati luoghi.

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Il Ministero della Salute già nel 2013, non sottovalutando la situazione, si è espresso emanando, tramite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato e le regioni (2012),  il documento strategico “Controllo della Tbc: obiettivi di salute, standard e indicatori 2013- 2016” i cui obiettivi prioritari sono il miglioramento del sistema nazionale di sorveglianza della tubercolosi, l’implementazione, a livello regionale, delle linee guida nazionali sulle attività di controllo della malattia e l’attivazione di un programma di formazione degli operatori sanitari.

In concreto, l’ECDC ha prodotto i seguenti dati: nei 53 paesi membri della regione europea dell’Oms, nel 2013 sono stati stimati 360.000 nuovi casi, che rappresentano il 4% del totale registrato nel mondo. Dal rapporto “Tuberculosis surveillance and monitoring in Europe, 2015, è emerso invece che i 30 stati membri dell’UE nel 2013 hanno riportato 64.844 casi, un valore a mio parere da non sottovalutare.

Addentrandoci in ciò che più strettamente ci riguarda, leggiamo che in Italia i casi notificati nel 2014 (e ci tengo a sottolineare notificati poiché l’OMS dichiara che ci sia in tutto il mondo una sottostima dei casi di TB del 30%) sono stati circa 3600. Un tasso di incidenza pari a 6 casi per 100.000 abitanti, di cui il 58% di origine straniera. Si potrebbe dire che in fin dei conti è un dato relativamente “basso” in confronto alla situazione globale e che il SSN deve far fronte a ben altre patologie con un incidenza ed una mortalità più alta rispetto alla turbercolosi. Certo è che se concordiamo con l’affermazione precedente non dobbiamo curarci del fatto che in Italia questa patologia nel lontano dopoguerra fu debellata…

Ma su questo torneremo in seguito. Se consideriamo la situazione in Emilia Romagna possiamo vedere come il tasso di incidenza è per ovvi motivi da considerarsi “relativo” poiché il numero di casi notificati ed i tassi di incidenza della tubercolosi mostrano infatti una significativa variabilità nell’ambito del territorio regionale. L’Azienda Ausl di Bologna nel 2013 ha avuto nel proprio territorio 122 casi di Tbc, pari ad un incidenza di 17.3 casi per 100.000 abitanti. A seguire troviamo Parma con 54 casi ed un incidenza del 12.1. Analizzando tutti i distretti sanitari dell’Emilia Romagna possiamo notare come la totalità abbia un tasso di incidenza superiore a 6. E parlando di provenienza geografica, dal 1996 al 2012 in E.R. si è registrato un aumento costante nei casi registrati della proporzione di persone nate all’estero, ovvero dal 19.3% dei casi nel 1996 al 67.7% del 2012.

In generale, nonostante in Italia l’incidenza si sia ridotta negli ultimi anni, la popolazione immigrata ha ancora un rischio relativo di andare incontro a TBC che è di 10-15 volte superiore rispetto alla popolazione italiana. Questo perché fanno parte di quella categoria di soggetti deboli e a rischio che hanno appunto più probabilità di contrarre la patologia e di diffonderla, ma anche perché spesso provengono da zone per cui l’endemia per la Tbc è alta e non fanno altro che essere semplicemente portatori sani del bacillo.

I fatti parlano chiaro, l’immigrazione, o meglio, la gestione dell’immigrazione da parte dello stato è una delle cause principali di contagio per la tubercolosi e non è solo una supposizione del ramo politico a cui fa gioco pensarla così. La catena è facile da spezzare ma è altrettanto facile da alimentare. Vogliamo aspettare, come sempre, che in Italia quello che attualmente è un problema si trasformi in emergenza sanitaria prima di agire oppure, sapendo a cosa andremo incontro, siamo disposti ad agire ora?

Jessica Gentile

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