Ubriachi al volante: cosa fare per evitare nuove stragi?

Tutti d’accordo sulla tolleranza zero. Ma servono anche campagne di comunicazione più incisive, soprattutto per i giovani.

Basta un bicchiere di vino prima di mettersi al volante e un diciottenne neopatentato può trasformarsi in un killer. È esagerato? No. Perché in Italia gli incidenti stradali sono la prima causa di morte tra i giovani. E non è un caso che il nuovo Codice della strada preveda “alcol zero” per i guidatori fino a 21 anni. Anche i numeri parlano chiaro: il 5,7% degli automobilisti fermati dalla polizia stradale nel 2019 durante i weekend è risultato positivo all’alcol test, e si trattava soprattutto di ragazzi tra i 18 e i 25. «A quell’età – sostiene Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità – esiste una bassa percezione del rischio, e anche un tasso alcolico di soli 0,2 grammi in un litro di sangue può avere effetti devastanti sulle capacità di reazione di un giovanissimo alla guida di un’auto. Si perde, per esempio, la visione laterale, e così la macchina diventa un’arma micidiale nella mani di un potenziale assassino, cioè di uno che non è in grado di controllarla. Tanto più se, mentre guida, usa il cellulare, guarda il navigatore, ascolta la musica a palla o addirittura ha anche assunto sostanze stupefacenti». In queste condizioni il cervello va in tilt. Ma sono sufficienti anche una bottiglia di birra da 33 cl o un bicchierino di whisky per ridurre notevolmente le capacità di comprensione della realtà. E così tutto diventa un “mondo virtuale”. Guidare è come giocare alla playstation. Cosa fare allora per evitare tragedie come quelle di corso Francia, a Roma, o di Lutago e Senigallia? Sono stati 148 gli incidenti mortali rilevati in Italia dalla polstrada nel 2019, con 178 vittime, soprattutto giovani. Come è possibile, dunque, una tolleranza zero al consumo di alcol tra i millennial? È sufficiente intensificare i controlli di polizia sulle strade e davanti alle discoteche? «Manca una cultura della sicurezza
– dice Scafato -, e non si tratta solo di rispetto della legalità. È necessario mettere in primo piano il rispetto della vita, di se stesso e degli altri». Incontri di sensibilizzazione nelle scuole, coinvolgimento di insegnanti e famiglie, un impegno costante delle istituzioni. C’è bisogno di campagne di comunicazione di forte impatto. Come quella con le immagini dei malati di cancro sui pacchetti di sigarette e la scritta “II fumo uccide”. Foto di incidenti stradali causati dalla guida in stato di ebbrezza, con auto accartocciate e i segni delle tragedie ben in vista sui contenitori di vino, birra e superalcolici. E perché no? «Devono essere un pugno nello stomaco – afferma il presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), Enrico Zanalda. Per comunicare con i ragazzi è necessario utilizzare i mezzi e le figure a loro più vicini. Per raggiungerli è cruciale puntare su ciò che utilizzano e consumano, e le lattine di birra o le bottiglie di vino sono sicuramente tra i loro beni di consumo». Da Zanalda arriva anche un’altra proposta: «Se giovani che hanno causato incidenti perché in stato di ebbrezza, e che oggi pagano per questo, volessero diventare i testimonial di una campagna per dire ai loro coetanei cosa ha significato per loro questa esperienza, ciò potrebbe essere un forte deterrente per molti». E Scafato precisa: «Ma le campagne devono durare almeno dieci anni, sennò non servono a niente». Ieri sera, dal Viminale, è arrivata una prima risposta: ai prefetti è chiesto fin da subito di rafforzare la presenza e l’attività delle forze di polizia sulle strade, mentre il ministero si farà promotore già nelle prossime settimane di un tavolo di coordinamento per una campagna informativa straordinaria, rivolta innanzitutto ai giovani. Redazione Nurse Times Fonte: Avvenire  
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