Infermiere in Wound Care

Le ulcere venose: quando l’infermiere scende in campo con l’educazione sanitaria

Un'ulcera venosa è una lesione causata dalla stasi e dall'ipertensione arteriosa che non mostra tendenza alla guarigione spontanea

Un’ulcera venosa è una lesione causata dalla stasi e dall’ipertensione arteriosa che non mostra tendenza alla guarigione spontanea.

La si può definire anche come una malattia sociale in quanto l’aspetto sanitario di un’ulcera non è l’unico parametro per misurare il livello di salute di una persona ma anche la qualità di vita viene drasticamente ridotta e tutto ciò che comporta avere un’ulcera sia per il malato stesso che per la famiglia.

Dolore, insonnia, essudazione, cattivo odore, prurito possono significare una preclusione e una riduzione rispetto a certe attività quotidiane e a contatti sociali provocando una distorsione dell’immagine di sè: in pratica si è controllati dall’ulcera.

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Si può dare un’ulteriore definizione di ulcera: si tratta di una patologia multidisciplinare perchè per combattere l’ulcera sono necessarie una sinergia e una cooperazione di tutti i professionisti coinvolti nel processo terapeutico (infermiere, medico di medicina generale, chirurgo vascolare, fisioterapista, dermatologo, geriatra).

Per un infermiere è fondamentale conoscere della persona malata lo stato psico-sociale, funzionale, cognitivo, emotivo, le abilità per il self-care ed è necessaria un’educazione terapeutica dell’assistito in maniera tale che possa acquisire le abilità per gestire al meglio la propria malattia: l’obiettivo è quindi comprendere la sua patologia, che l’assistito cooperi con l’infermiere e che migliori la sua qualità di vita.

Si tratta di una vera e propria delega alla persona che guida il suo percorso terapeutico e che eviti le complicanze affinchè raggiunga il suo traguardo di salute: bisogna curare l’intera persona, non pochi centimetri di pelle.

Per un infermiere prevenire l’ulcera venosa e le sue recidive non è solo far indossare calze elastiche all’assistito o proibirgli un comportamento che sia controindicato per la sua patologia: deve educarlo a farlo nella maniera giusta, deve praticamente fargli cambiare il suo stile di vita.

Negli ambulatori ospedalieri territoriali e nelle sale d’attesa dei medici di famiglia si leggono svariate indicazioni e consigli per le più note patologie come il diabete, l’ipertensione, lo scompenso, l’arresto cardiaco, l’obesità, ma niente sull’insufficienza venosa.

Un valido supporto potrebbe essere garantito anche per questa patologia attraverso l’utilizzo di opuscoli informativi rivolto a tutti con dei suggerimenti di buone pratiche quotidiane senza spiegazioni mediche indecifrabili, semplicemente consigli.

Quali possono essere i consigli in questione?

Le calze elastiche servono a compensare l’insufficienza venosa e durante la deambulazione aiutano il deflusso venoso.

Vanno indossate ogni giorno e messe di mattina prima di alzarsi e tolte la sera, sostituite ogni 3-4 mesi perchè usandole e lavandole perdono elasticità e quindi la capacità di mantenere la pressione graduata alle gambe.

Nell’ortostatismo la pressione idrostatica è la forza principale che non è contrastata dalla pompa muscolare e la conseguenza è la stasi venosa: occorre quindi evitare di restare fermi, in piedi o o seduti per periodi troppo lunghi in quanto la circolazione ne risente e le gambe si gonfiano;

Occorre evitare l’attività fisica intensa come jogging, canottaggio, tennis, sci, sollevamento pesi in quanto crea scompensi nel sistema venoso;

Dormire con gli arti superiori sollevati rispetto al cuore mettendo un cuscino sotto il materasso, in corrispondenza dei piedi, in modo da alzarlo di circa 15-20 cm: il ritorno venoso con gli arti inferiori sollevati non ha nessuna resistenza e non c’è bisogno della terapia compressiva. In questo caso bisogna fare attenzione all’iperestensione del ginocchio affinchè non vada ad occludere la vena poplitea e a bloccare il flusso venoso verso il cuore. Inoltre, è anche sconsigliato per le persone affette da scompenso cardiaco poichè andrebbe ad aumentare il pre-carico del cuore;

E’ consigliato la sera l’uso di creme appropriate indicate dall’infermiere o prescritte dal medico per idratare le gambe e controllare lo stato della cute.

E’ bene evitare le creme fai da te perchè possono procurare macerazioni e dare molta secchezza, così come le cerette a caldo ed è sconsigliato il sole preso sulle gambe: il calore è un vasodilatatore e va a inficiare già le vene dilatate e sofferenti a causa dell’ipertensione venosa.

Sono da evitare anche i tacchi alti – la misura ideale di altezza è di 3-5 cm – altrimenti verrebbe azzerata la funzione della pompa muscolare.

Non camminare scalzi in quanto i piedi vanno protetti e non urtare le gambe che sono delicate. Nel caso dell’ulcera venosa ci sono della alterazioni alla coagulazione, alla riparazione tissutale e un semplice taglietto o un’escoriazione possono trasformarsi in un’ulcera. La cute è un primo segnale di allarme per un sistema circolatorio che non funziona, soprattutto dopo aver utilizzato le calze tutto il giorno.

La passeggiata è consigliata due volte al giorno almeno per mezz’ora per attivare la circolazione, quindi la vita sedentaria è altamente da escludere così come la ginnastica alle caviglie.

Un’algia deambulatoria o un problema pressorio plantare potrebbero provocare un indebolimento del sistema piede-caviglia e un conseguente depotenziamento muscolare che va a togliere lavoro alla pompa muscolare al polpaccio.

Occorre controllare il peso: il paziente sovrappeso ha già delle difficoltà deambulatorie, in particolare in posizione di ortostatismo le numerose cellule adipose vanno a sistemarsi nel grembiule omentale e insieme alla difficoltà respiratoria tipica della persona in sovrappeso evitano e bloccano il deflusso fisiologico verso il cuore.

In ultimo, ma non ultimo, bisogna prevenire gli effetti del fumo, poichè va ad interferire negli apparati cardiocircolatorio e respiratorio; in più risulta essere un potente vasocostrittore e andrebbe a compromettere l’elasticità delle vene, soprattutto il ritorno venoso attivo e passivo.

Nessuna pianificazione infermieristica sulla persona affetta da una patologia cronica può escludere l’aspetto dell’educazione terapeutica.

L’auspicio è che questi strumenti come opuscoli informativi, consigli, indicazioni e semplici brochure possano fare da corredo alle informazioni e all’educazione che l’infermiere in qualità di promotore della salute da sempre dispensa agli assistiti per la prevenzione delle ulcere venose.

 

Anna Arnone

 

Sitografia
www.evidencebasednursing.it

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