Volontariato infermieristico e tirocini post laurea: facciamo chiarezza!

Sempre più frequentemente mi capita di parlare con infermieri neolaureati colpiti dall’enorme crisi occupazionale che affligge l’Italia. Molti colleghi pur di non rimanere a casa in attesa di una risposta ai migliaia di curricula inviati optano per esercitate la professione in forma volontaria.

Essendo già finiti nell’occhio del ciclone molti lavoratori che, pur di non rimanere inoccupati, offrivano le loro prestazioni lavorative per associazioni onlus, ricevendo pagamenti sotto forma di rimborso spese, ticket benzina o buoni pasto occorre fare chiarezza sulla situazione normativa riguardante il volontariato dell’infermiere.

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La professione infermieristica è regolamentata dalle leggi dello Stato, che danno agli ordini professionali la responsabilità di vigilare, contro ogni tipo di abuso ed esercizio improprio della professione, al fine di garantire un servizio competente e la miglior salute del cittadino.

Per questo motivo anche l’Ordine degli Infermieri, fin dal 1960 si è dotato di un codice deontologico che impegna il professionista ad avere un comportamento eticamente corretto nei confronti del paziente, dei colleghi o di altri professionisti.

L’articolo 3 comma 5 del codice deontologico del 1999 recita:

“…L’infermiere può svolgere forme di volontariato con modalità conformi alla normativa vigente: è libero di prestare gratuitamente la sua opera, sempre che questa avvenga occasionalmente”.

Ora, che significa occasionalmente? Significa in modo non programmato, senza che nessuno, ne chi esercita, ne chi usufruisce delle prestazioni professionali, abbia programmato l’eventualità dell’intervento, ma semplicemente perché, chi si è trovato nella condizione di bisogno e chi, professionista, aveva del tempo libero da dedicargli, in modo del tutto occasionale si sono incontrati, quindi l’occasione e non la programmazione hanno fatto si che il rapporto cominciasse.

Perché la gratuità del rapporto può nascere solo da un rapporto occasionale?
La professione infermieristica, come le altre professioni sanitarie, medica compresa, rientrano in un settore che è quello che riguarda la salute delle persone. Un aspetto, questo, che la Costituzione considera fondamentale per la persona, tanto da inserire il diritto alla salute tra le garanzie che il cittadino deve avere. Questo fa si che lo Stato, attraverso i suoi rappresentanti, si debba impegnare per garantire un servizio sanitario a cui tutti i cittadini possano accedere senza differenza alcuna. Ora si potrà discutere se la forma adottata dal nostro Stato sia la migliore possibile, se effettivamente tale diritto venga garantito a tutti, ma resta il fatto che il dettato costituzionale non lascia dubbi: la salute è un bene che va garantito a tutti i cittadini.

In questa logica, anche il servizio infermieristico, universalmente ritenuto fondamentale, per garantire la salute della popolazione, è un servizio che va garantito a tutti, indistintamente. Ciò porta a considerare che, vista l’importanza che gli viene data, anche questo servizio deve essere garantito al di la dell’occasionalità, della casualità dettata dalla buona volontà del singolo professionista, ma debba essere inserito in una seria programmazione che preveda spazi ben definiti ed accessibili, che gli amministratori, ai vari livelli di responsabilità, devono individuare per dare esecuzione al dettato costituzionale. È proprio in questa logica che si inserisce l’articolo 3 comma 5 del codice deontologico.

Infatti sarebbe impensabile un servizio di pronto soccorso basato sul volontariato infermieristico, come non è pensabile che il medico di medicina generale prescriva cure che poi il cittadino non riesce ad avere perché mancano infermieri volontari. Proprio per evitare confusioni e disparità l’ordine degli infermieri ha voluto tutelare i cittadini, chiarendo che il sistema non possa reggersi sul volontariato programmato, ma ciò che viene programmato deve essere remunerato, deve trovare professionisti che se ne assumano il compito e le relative responsabilità, per garantire servizi erogati con continuità. Non è nemmeno pensabile che lo strumento del volontariato venga visto come la possibilità di erogare servizi considerati indispensabili per la popolazione, ma visti i problemi di bilancio, non programmabili ed erogabili. Non è quindi il tentativo di rendere la sanità un mercato redditizio, che ha spinto l’ordine degli infermieri a creare dei paletti così chiari rispetto al problema del volontariato, quanto l’aver colto l’importanza che lo Stato italiano, attraverso la sua Costituzione, da al diritto alla salute per tutti i cittadini.

In questo modo nessuno mette in dubbio l’importanza, anche e soprattutto a livello culturale, del volontariato.
Siamo professionisti responsabili, tanto sul piano morale, quanto sul piano legale e dobbiamo e vogliamo rispondere nel modo migliore possibile ai bisogni di salute che la popolazione manifesta, ma non possiamo essere lasciati soli in questa impresa. La Costituzione ha indicato la strada, noi siamo pronti a fare la nostra parte, abbiamo già da tempo proposto e chiesto ambulatori infermieristici convenzionati con il sistema sanitario nazionale e l’istituzione dell’infermiere di famiglia.

Queste crediamo siano le strade serie e valide da percorrere per garantire il diritto alla salute a tutti.

Pubblichiamo un estratto del parere del consulente legale Avv. Mario Lavatelli in merito al problema del Volontariato Infermieristico:

Ai sensi dell’art. 3.5 del Codice Deontologico degli infermieri “l’infermiere può svolgere forme di volontariato con modalità conformi alla normativa vigente: è libero di prestare gratuitamente la sua opera, sempre che questa avvenga occasionalmente”.

Le condizioni per l’esercizio dell’attività di volontariato, pertanto, sono due:

  1. conformità dell’attività alla normativa vigente;
  2. occasionalità della prestazione dell’infermiere.

Ovviamente, la continuità della prestazione deve essere valutata con riferimento non all’attività nel suo complesso, ma alla prestazione dell’iscritto. Ove sia prevista una vera e propria turnazione degli infermieri, a periodicità costante, la condotta di questi si porrebbe in violazione del codice deontologico.

Ai sensi dell’art. 7 del Codice Deontologico, infatti, “le norme deonotologiche del presente codice sono vincolanti: la loro inosservanza è punibile con sanzioni da parte del Collegio professionale”. Si aggiunga che, se gli infermieri eseguissero le loro prestazioni presso tali strutture in modo continuativo, secondo la turnazione stabilita dall’ente, potrebbe dubitarsi se sia configurabile o meno un rapporto di lavoro subordinato.

La costituzione promuove (e la normativa in materia ne costituisce attuazione) la mutualità come scopo “senza fini di speculazione privata” (art. 45 Cost.) e tutela i diritti dell’uomo “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2 Cost.).

Secondo la giurisprudenza amministrativa “…le Associazioni di volontariato hanno particolare posizione nell’ordinamento, che ne favorisce l’apporto ausiliario della P.A. ma senza alcuna loro assimilazione alla logica di mercato”.

Appare dunque evidente che, secondo la normativa citata in precedenza, non sia lecito organizzare autonomamente forme di tirocinio post-laurea o di lavoro volontario programmato finalizzato a non perdere la manualità acquisita in tirocinio.

Simone Gussoni

Fonti: Codice deontologico degli infermieri, Ipasvi Como, Costituzione della Repubblica italiana

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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