Infermieri

La Vita Oltre la Malattia. La testimonianza di Chiara De Marchi

Chiara De Marchi, 29 anni. Fotografa, mamma, affetta da Rettocolite Ulcerosa.
L’intervista per Nurse Times, dopo che molti italiani hanno conosciuto la sua storia ed hanno ammirato le sue fantastiche foto grazie a Facebook.

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Quando ed in che modo hai scoperto di essere affetta da RCU

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La prima volta che ho avvertito qualcosa di diverso é stato nel 2006, ancora frequentavo le scuole superiori. Pensavo che quel sangue nelle feci fosse solo un messaggio del mio intestino, forse stavo mangiando troppe “schifezze”. Alla fine del 2008 mi recai più volte in pronto soccorso, ma la diagnosi era sempre la solita: crisi emorroidaria. Ad aprile 2009 arriva la diagnosi: Rettocolite Ulcerosa. In quel periodo non avevo la minima idea di cosa fosse una malattia infiammatoria cronica intestinale, l’ho imparato strada facendo.

In che modo la malattia ha cambiato la tua vita?

La mia vita è stata stravolta dalla diagnosi di Rettocolite ulcerosa. E’ come ritrovarsi in una vita diversa da quella “normale”. Stavo male, odiavo il mio corpo. Passavo le giornate in bagno stroncata da crampi addominali e diarrea, perdendo sangue e muco dalle ulcere nel colon e retto. Continuavo a dimagrire ed, allo specchio, vedevo un esserino scheletrico, dall’aspetto orribile. Ho seguito varie terapie con scarsi risultati e continuavo a provare dolore in ogni angolo del mio corpo. Ho abbandonato due università e il lavoro perché incapace di seguire le lezioni, per un lungo periodo mi sono totalmente chiusa in me stessa, non avevo l’energia di reagire. Ero un peso e una preoccupazione per tutti. Non vedevo nessun futuro, solamente buio.

Cosa vuol dire per una giovane donna essere affetta da una patologia cronica?

E’ come avere le ali “ammaccate”, esili, indebolite. Senti di avere dei limiti che si mescolano a paure ed incertezze sul futuro. Un giorno bene, un giorno male.
Con la forza che ti rimane, però, puoi decidere di spiegare le tue deboli ali e provare a volare. Perchè la vita sempre ti offre degli spunti per rinascere.
Tutto parte da dentro, dall’accettazione, dalla capacità di amare il proprio corpo e le sue parti doloranti, cominciare ad amare i suoi ritmi e i suoi limiti, la tua seconda vita, rispettando i momenti di ricaduta, farne tesoro, trasformarli in consapevolezza per le prossime battaglie. Nessuno ha detto che sia facile, il bello é la conquista dei momenti di benessere, vissuti intensamente e respirati a pieni polmoni.

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Quale è stata la percezione della figura dell’infermiere in questo tuo percorso?

Sono sette anni che giro per ospedali tra visite, analisi e ricoveri. Ho avuto modo di conoscere persone fantastiche, umane, speciali, altre un po’ meno, più cliniche e fredde. Dagli infermieri, durante i miei lunghi ricoveri, ho ricevuto aiuto, appoggio psicologico e umano, comprensione e tatto, pazienza e disponibilità all’ascolto, continua rassicurazione.

Come è nata l’idea del progetto “Invisible Body Disabilities” e la raccolta fotografica “Women Fighters”?

Il progetto é nato dalla necessità di esprimere il mio dissidio interiore, sfidare la malattia, che mi ha rubato sogni e mi ha costretto ad affrontare molti ostacoli. Volevo trovare un modo per sentirmi meno sola e più forte, per raccontare e raccontarmi attraverso la fotografia e l’arte. Ho cominciato a scrivere in vari gruppi social frequentati da persone affette da Crohn e da RCU, per coinvolgerli nel mio progetto fotografico sulle patologie croniche intestinali.

Non mi aspettavo così tante risposte positive, ho scoperto quanto fosse forte e comune il desiderio di “buttare fuori” il dolore. Nasce così Invisible Body Disabilities: un progetto fotografico che con il suo acronimo IBD richiama la definizione inglese Inflammatory Bowel Disease (malattie croniche intestinali). Un movimento di sensibilizzazione che vuole puntare le luci sulle IDB, per uscire da quell’invisibilità che circonda i nostri corpi, ogni giorno, attraverso l’arte fotografica, per condividere i racconti scritti anche sulla nostra pelle, racconti fatti di cicatrici, di dolore, di stomie, di vita, di battaglia.

L’energia della condivisione mi ha travolto, ho realizzato una pagina Facebook (VEDI) e poi un sito (www.invisiblebodydisabilities.org). Sto realizzando un libro fotografico, “Women Fighters”, per raccogliere la testimonianza delle donne che, come me, affrontano queste patologie, accompagnate da fotografie artistiche e non ritoccate, scattate nel mio home-studio, di tutte le donne guerriere che ogni giorno si rialzano ed affrontano nuovamente la battaglia con la malattia.
Sono una grande sostenitrice dell’allattamento al seno materno, nel mio percorso professionale ho fotografato storie e corpi di donne e madri.
Derivo da un’esperienza travagliata di parto-allattamento-malattia-farmaci, dalla quale è nata anche una mostra fotografica “Sotto La Stessa Pelle”. Sono una fotografa del “femminino” , delle donne che combattono e che donano la Vita.

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Due anni trascorsi a raccogliere storie di “combattenti”. Quanto è importante per una persona affetto da una malattia cronica creare connessioni con chi soffre della stessa patologia?

Tantissimo. Per una persona affetta da una malattia cronica il confronto e le connessioni di vita, come amo chiamarle io, sono importantissime. Quando una persona che ha percorso lo stesso tuo cammino ti regala la sua storia, vengono condivise informazioni, terapie, dubbi, paure, consigli. Il buio e la solitudine fanno paura, l’unione fa la forza e accende la speranza, la positività e la forza di guardare oltre il dolore.

Donne. Dai larghi sorrisi. Ballerine, centaure, madri.
Con lunghe cicatrici e stomie.
Attraverso i loro corpi Chiara ci insegna la Resilienza.
Concetto tanto caro a noi Infermieri. Che sempre ci troviamo a dover affrontare storie di dolore, di malattia. E che sempre trasformiamo queste esperienze in nuove energie da re-investire nell’assistenza.
Chiara, con la sua meravigliosa storia di Donna Guerriera, ci insegna, attraverso il Dolore e la Malattia, la Vita.

Titti De Simone

Fonti: Invisible Body Disabilities Project

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