Normative

Il riposo settimanale deve essere garantito in caso di pronta disponibilità attiva

Commento Aadi a sentenza Cassazione n. 1884 del 15 luglio 2019

La Corte di Appello di Genova con la sentenza n. 469 del 3 ottobre 2013, accoglieva l’appello proposto dalla ASL n. 5  “Spezzina”  in riforma della sentenza di I grado proposta dal coordinatore tecnico di radiologia, volta ad ottenere la condanna dell’azienda datrice di lavoro al pagamento delle indennità sostitutive per i riposi giornalieri e settimanali non fruiti nel periodo che va dal 2003 al 2008, data del pensionamento del ricorrente.

La corte di Appello riteneva che la fattispecie dedotta in giudizio fosse riconducibile all’art. 7 , comma 6 del CCNL comparto sanità del 20 settembre 2009 secondo cui “il servizio di pronta disponibilità va limitato ai turni notturni e ai giorni festivi. Nel caso in cui esso cada in un giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”. Precisava inoltre che ai sensi del comma 9 del medesimo articolo, in caso di chiamata del lavoratore in servizio (pronta disponibilità attiva) l’attività prestata dovesse essere ricompensata come lavoro in regime straordinario, ovvero, come recupero orario ai sensi dell’art. 40 CCNL  7 aprile 1999. La Corte territoriale rilevava inoltre come l’appellante avesse optato per il pagamento del compenso per il lavoro straordinario, per altro corrisposto e come non potesse quindi rivendicare il diritto al risarcimento per mancata fruizione di riposi.

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Avverso alla sentenza della Corte di Appello ricorreva per Cassazione l’odierno appellante affidato a 5 motivi, cui resisteva con controricorso la ASL “spezzina”. Secondo il ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nelle proprie deduzioni in violazione e falsa applicazione della legge agli artt. 1, 2, 17, 19 del D.lgs. n. 66/2003 e dell’art. 7 del CCNL comparto sanità del 20 settembre 2001; violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., degli artt. 3 e 5 della Direttiva 93/CE/104, art. 2109 c.c., degli artt. 7 e 9 D.lgs. n. 66/03; artt. 1418 e 1336 c.c., artt. 1418 e 1346 c.c. e dell’0art. 2697 c.c. In ogni motivo di ricorso è dedotta ai sensi dell’0art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio. Il ricorrente addebita alla sentenza impugnata di aver errato l’interpretazione dell’art. 7 del CCNL comparto sanità e sia nell’applicare tale disposizione alla fattispecie dedotta in giudizio.

Secondo il ricorrente il comma 6, nella parte in cui fa riferimento al godimento del riposo compensativo “senza riduzione del debito orario” si riferisce solo ed esclusivamente alla pronta disponibilità c.d. “passiva” ossia quella che non da luogo a prestazione lavorativa. Il ricorrente critica la sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) per non aver tenuto conto del fatto che era l’oggetto della domanda, costituita dalla richiesta di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno per la mancata concessione del riposo giornaliero e di quello settimanale e per essersi pronunciata sulla diversa questione del diritto al riposo compensativo, confondendo quindi  il regime della pronta disponibilità attiva con quella passiva.

Secondo il ricorrente, ove nel corso della pronta disponibilità si renda necessario la effettiva prestazione lavorativa ( attiva), l’azienda non può limitarsi a corrispondere la maggiorazione per il lavoro straordinario prestato, ma deve anche garantire il riposo giornaliero e quello settimanale, che è irrinunciabile e si pone su un diverso piano, distinto da quello della quantificazione retributiva prevista dalle parti collettive per la prestazione resa a seguito della chiamata in servizio, nonché del riposo compensativo  che può essere richiesto in luogo della maggiorazione prevista.

La Cassazione, valutato il contenuto delle deduzioni di parte ricorrente, afferma che tale questione è stata già affrontata più volte (Cass. n. 33550 del 2018; n. 18655 del 2017; n. 18654 del 2018; n. 6491 del 2016; n. 5465 del 2016) nella parte in cui escludono la riduzione del debito orario complessivo, si riferiscono unicamente alla reperibilità passiva. Con le sentenze sopra richiamate, la Corte ha affermato che la previsione di un compenso maggiorato per l’attività prestata in un giorno festivo non incide sulla disciplina della durata  complessiva settimanale dell’attività lavorativa e sul diritto del dipendente alla fruizione del necessario riposo, che dovrà poi essere garantito dall’azienda a prescindere da una richiesta  del dipendente trattandosi  di un diritto indisponibile riconosciuto dalla carta Costituzionale e dalla direttiva Europea 2003/88/CE.

La Corte ha inoltre affermato che la mancata fruizione del riposo settimanale è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto perché “l’interesse del lavoratore leso dall’inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell’art. 36 Cost. sicchè la lesione dell’iunteresse espone direttamente il datore di lavoro al risarcimento del danno..” (Cass. SS.UU. n. 142 del 2013; n. 24180 del 2013; n. 1665 del 2015; n. 24563 del 2016). I principi richiamati nelle succitate sentenze trovano applicazione anche a riguardo alla mancata fruizione del riposo giornaliero visto che l’art. 26 del CCNL 7 aprile 1999 prevede che la durata massima dell’orario di lavoro non può superare le dodici ore continuative a qualsiasi titolo prestate.

In applicazione del D.lgs n. 66/03 che riconosce il diritto del lavoratore, ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, fatte salve le attività caratterizzate dal periodi di lavoro frazionati durante la giornata (art. 7)  ed a fruire ogni 7 gg. di un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola coincidenti con la domenica, pur consentendo alla contrattazione collettiva di derogare alle disposizioni di cui all’art. 7 (art. 17) nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge (Cass. n. 11574 del 2015; n. 15995 del 2016).

La Corte di Appello aveva escluso il diritto al danno per mancata fruizione del riposo giornaliero e di quello settimanale, discostandosi però dai principi sopra richiamati. Per tali ragioni si rinvia la alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione, che procederà a un nuovo esame, attenendosi ai principi succitati.

Dott. Carlo Pisaniello

 

Redazione Nurse Times

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