Ritorna dopo tanto tempo la rubrica di farmacologia fatta da infermieri per infermieri: #InfermieriInPillole
Questa volta ci soffermeremo su uno dei punti nevralgici dell’attività chirurgica (ma non solo, tenere in considerazione la sedazione profonda per la ventilazione meccanica), l’anestesia, senza la quale non è possibile proprio eseguire alcuna procedura di sala operatoria. Questa procedura ha visto le sue origini nel 1844, quando fu introdotta per la prima volta da Wells il protossido d’azoto; da quella scoperta si è giunti fino a giorni nostri con l’uso combinato dei più avanzati farmaci presenti sul mercato di tale settore.
L’anestesia si pù suddividere, partendo dal principio, in:
Tralasciando tutte le varie procedure pre e perioperatorie, da non sottovalutare, andiamo direttamente ad analizzare le classi di farmaci coinvolte con tale procedura.
Andando in ordine cronologico di procedura, ci sono gli ipnotici: questi s’identificano come una classe di farmaci che producono sonnolenza e facilitano l’instaurarsi e il mantenimento dello stato di sonno simile al sonno naturale e da cui il soggetto è facilmente risvegliabile. Questi non vanno confusi con i farmaci sedativi, usati non solo nel settore chirurgico ma anche in altri ambiti sanitari, che ha l’obiettivo di indurre al soggetto uno stato di sonnolenza e di calma (usati nel contesto pre-operatorio).
Appartenenti a questa categoria abbiamo:
Abbiamo poi i farmaci anestetici inalatori, quest’ultimi sono soggetti però a molteplici fattori influenti quali: la concentrazione alveolare minima (MAC), o meglio nota come pressione parziale di AI (anestetico inalatorio) necessiare ad agire sul corpo dell’individuo per la stimolazione chirurgica. Di questo parametro abbiamo:
MAC ESPANSO | Pressione parziale di AI che abolisce la risposta motoria allo stimolo chirurgico nel 95% dei pazienti |
MAC BAR | Pressione parziale di AI che abolisce la risposta simpatica alla stimolazione chirurgica |
MAC INTUBATION | Pressione parziale di AI che abolisce la risposta motoria alla laringoscopia e intubazione |
MAC AWAKE | Pressione parziale di AI necessaria per la perdita di coscienza nel 50% dei pazienti |
Abbiamo poi come altri fattori determinanti: il coefficiente di ripartizione sangue/gas, che indica quanta parte di anestetico somministrato si scioglie nel sangue; il coefficiente di ripartizione olio/gas e la distribuzione tessuti molli/grasso.
Per quanto concerne i farmaci analgesici oppioidi vi potete ricollegare con l’articolo della suddetta rubrica pubblicato tempo fa (VEDI ARTICOLO).
Abbiamo poi i farmaci miorilassanti, farmaci che agiscono sul recettore colinergico nicotinico a livello della giunzione neuromuscolare. E’ una tipologia di farmaci che migliora le condizioni di intubazione oro-tracheale; determina miorisoluzione dei muscoli respiratori con conseguente possibilità di ventilazione a pressione positiva; e facilita l’accesso chirurgico alla cavità addominale per rilasciamento della muscolatura striata della parete addominale. Si distinguono in: depolarizzanti e non-depolarizzanti.
I PRIMI (sussametonio o succinilcolina) depolarizzano la placca motrice per legame agonista con i recettori nicotinici; ha un rapido onset e una breve durata; e come effetti collaterali comporta mialgie, stimolazione vagale, iperpotassiemia, innalzamento della PIC e della pressione intragastrica. Gli effetti della succinilcolina cambiano a seconda dei muscoli, a livello dei muscoli della laringe, il blocco è più intenso e la durata è più breve che a livello dell’adduttore del pollice; questa differenza farmacodinamica per gruppo muscolare è particolamente pronunciata per dosi inferiori o uguali a 0,5 mg/kg. Come effetti collaterali abbiamo:
I SECONDI (cisatracurio, atracurio, vecuronio, rocuronio)invece, sono antagonisti del recettore nicotinico, bloccano il recettore impedendo al neurotrasmettitore endogeno di legarsi. Questa categoria di curari presentano un moderato aumento della potenza, una marcata riduzione dell’effetto vagolitico e un aumento della solubilità lipidica che è accompagnata da un aumento dell’escrezione biliare.
Gli anestetici locali, infine bloccano la generazione e la propagazione degli impulsi della fibra nervosa in maniera prevedibile e reversibile, eliminano la sensibilità, e quindi anche la percezione degli stimoli nocicettivi, solo nelle aree corporee innervate dalla fibra bloccata. Per agire (legarsi al sito all’interno del canale ionico) l’anestetico locale deve essere in forma dissociata idrofilica, ma per oltrepassare la membrana delle strutture adiacenti al nervo deve essere in forma neutra lipofilica.
Vi sono diverse forme di anestesia locale in funzione del sito di inoculo: TOPICA, per INFILTRAZIONE, TRONCULARE (blocco del nervo periferico), PLESSICA (blocco del plesso nervoso), PERIDURALE, e SUBARACNOIDEA. Vi sono in determinati casi l’uso di misture di anestetici locali per poter sfruttare la rapidità di onset di un anestetico e la durata d’azione di un altro anestetico; il tutto può essere associato alla somministrazione di un vasocostrittore che realizza un miglioramento d’intensità e durata del farmaco Come effetti tossici, gli anestetici locali possono comportare tossicità cerebrale, con la comparsa di secchezza delle fauci, acufeni, eloquio impacciato, euforia, nistagmo, fascicolazioni, convulsioni e in alcuni casi depressione generalizzata del SNC; tossicità cardiovascolare, con disturbi della conduzione elettrica e della contrattilità cardiaca.
Con questo articolo spero di essere stato il più esplicativo e conciso possibile. Buona lettura e alla prossima colleghi!
Pasquale Fava
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