Infermieri: un ruolo vitale per la salute pubblica, ma invisibili ai media. Ecco lo studio

Gli infermieri giocano un ruolo vitale per la salute dei pazienti, e allora, perché sono invisibili nei media? Uno studio americano prova a spiegarci il perché!

 

Gli infermieri nel corso degli ultimi decenni hanno contributo in maniera sostanziale alla salute della popolazione

A tutt’oggi rimangono figure essenziali per il buon funzionamento dei sistemi sanitari di tutti i Paesi; inoltre, sono più numerosi dei medici, nella misura di quasi 3 a 1.

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Allora, perché rimangono ai margini nei media (tranne quando si vuole screditare la figura stessa, anche se ad essere coinvolti sono altri operatori sanitari) quando si parla di salute?

Uno studio condotto nel 1997, ci ha restituito un quadro a tinte scure a proposito della presenza degli infermieri nei media. Il titolo del rapporto, “The Woodhull Study on Nursing and the Media: il partner invisibile dell’assistenza sanitaria“, dice tutto del resto. Lo studio nato da un’idea di Nancy Woodhull, editore fondatore di USA Today, fu ultimato dopo la morte per cancro ai polmoni della stessa. La Woodhull era rimasta profondamente colpita dalla contraddizione tra l’eccellente assistenza infermieristica ricevuta e la mancanza di qualsiasi menzione degli stessi nei media.

Un gruppo di circa 20 ricercatori analizzò gli articoli di notizie sulla salute; pubblicati nei giornali, nei settimanali e nelle pubblicazioni commerciali nel mese di settembre del 1997. I risultati confermarono ciò che la Woodhull sospettava.

Gli infermieri erano in gran parte assenti nella copertura mediatica quando si parlava di problemi di salute. Solo il 4% delle citazioni nei quotidiani e l’1% nei settimanali erano attribuite agli infermieri. Non erano quasi mai inclusi nelle foto che accompagnavano gli articoli di notizie.

Lo studio è stato ripetuto a distanza di 20 anni e ciò che è emerso è stato poco confortante. Pochi sono stati i cambiamenti rispetto al rapporto precedente. Sono state prese in esame le notizie sulla salute pubblicate a settembre del 2017, negli stessi organi di stampa, quotidiani e settimanali di informazione utilizzati nello studio originale.

Le citazioni sono state attribuite agli infermieri solo per il 2% delle volte, sono stati identificati nel 4% delle immagini e sono stati citati nel 13% degli articoli. Gli infermieri erano, nel 1997 come nel 2017, del tutto assenti in molte notizie di natura sanitaria; nonostante sarebbe stato utile avere una prospettiva infermieristica sull’argomento trattato. Gli infermieri, inoltre, sono stati del tutto assenti nelle notizie riguardanti la politica e la ricerca.

I risultati del secondo studio di Woodhull hanno dimostrato, inoltre, importanti differenze di genere. Gli uomini sono stati citati quasi il doppio delle volte nelle notizie sulla salute rispetto alle donne (il 65% rispetto al 34%) e le immagini di infermieri uomini pubblicate, più numerose di quelle delle donne (72% contro il 28%) e questa differenza di genere stride con il fatto che la componente femminile rappresenta da sola il 90% di tutta la professione oltreoceano.

Rear view of female nurse standing in corridor

Per comprendere meglio perché non vi è stato sostanzialmente alcun cambiamento nella rappresentazione degli infermieri nei media, tra il 1997 e il 2017, i ricercatori ​​hanno intervistato dieci giornalisti. Questi ultimi, hanno rivelato che raramente avevano contattato infermieri e persone che non erano in posizioni di autorità nel settore sanitario, tanto meno se donne. Alcuni perché avrebbero, altrimenti, dovuto giustificare ai loro editori l’uso di un infermiere come fonte. Altri invece non lo avevano fatto perché non era loro chiaro l’ambito di competenze di questi ultimi; anche se quest’affermazione cozza con l’idea che i cittadini hanno degli infermieri, visti i risultati delle indagini demoscopiche fatte da Gallup, in cui la professione infermieristica da oltre un decennio è considerata la professione eticamente più apprezzabile.

Molti dei giornalisti intervistati che invece avevano fatto ricorso agli infermieri per dei chiarimenti hanno notato che la prospettiva infermieristica aveva arricchito le loro storie.

Il messaggio che ne viene fuori è forte e chiaro: gli infermieri non sono visti come esperti o come leader e quindi non sono buone fonti. La mancanza di rappresentanza infermieristica nei media indica le profonde disparità di genere nei media, che non riguardano solo la professione infermieristica ad ogni modo.

Di contro le Organizzazioni Sanitarie, le Istituzioni Accademiche e le Società Scientifiche Infermieristiche non promuovono sufficientemente gli infermieri come soggetti su cui fare affidamento per essere considerati fonti autorevoli.

Gli infermieri costituiscono la fetta più ampia della forza lavoro, negli Stati Uniti come altrove, dell’assistenza sanitaria e sono i professionisti che hanno il rapporto più stretto e il sostegno dei pazienti.

Nel corso degli anni, gli infermieri hanno contribuito a migliorare l’accesso alle cure, hanno dato il via a nuovi percorsi nella telemedicina, nell’informatica, nello sviluppo tecnologico e nella genomica, hanno lavorato per ridurre gli errori medici e per migliorare la sicurezza del paziente, si sono impegnati nella ricerca con applicazioni pratiche e che impattassero nella vita dei pazienti e altro ancora. In breve, gli infermieri hanno contribuito a trasformare l’assistenza sanitaria per affrontare le sfide di una popolazione che invecchia e ha nuove esigenze.

Tuttavia, la loro visibilità nei media e l’influenza nel processo decisionale non sono commisurati al loro numero, alla loro posizione e alla loro esperienza. I giornalisti dovrebbero come impegno etico nei confronti dei loro lettori prestare attenzione alla diversità delle loro fonti. Aumentare la diversità delle fonti per riflettere meglio gli interessi e le prospettive dei consumatori dei media ne aumenta il valore dei contenuti stessi.

Ci sono molte cose tuttavia che gli infermieri, le istituzioni in cui lavorano e le loro associazioni professionali possono fare per essere di aiuto ai giornalisti, questi ultimi hanno bisogno di risposte rapide. I reporter che lavorano con delle scadenze stringenti hanno bisogno di informazioni rapide e sono pronti a passare ad altre fonti, spesso non infermieri e di sesso maschile.

Gli infermieri hanno bisogno di rivendicare la loro autorevolezza professionale, competenza ed esperienza e debbono impegnarsi in modo proattivo con i media. Alzarsi e stare in piedi può renderti un bersaglio. Ciò non ha mai scoraggiato gli infermieri nel fare ciò che dovevano fare per migliorare la salute e l’assistenza sanitaria. Non dovrebbe nemmeno nei media.

Non dovrebbero scoraggiarsi neanche nel nostro Paese, dove più volte gli organi di stampa hanno usato e continuano a fare, purtroppo a sproposito, le notizie per gettare discredito sul servizio reso agli utenti. Anche nel nostro paese, i giornalisti sanno ben poco di noi, ed è inutile nasconderselo.

Chi di noi, non ricorda cosa è successo in una trasmissione andata in onda sulla 7 in cui una giornalista, tale Tiziana Panella, senza nessuna competenza o conoscenza in materia, rivendicava la presenza dei medici al triage, anziché degli infermieri?

E non è difficile notare, come sempre taluni giornalisti, nel volere attirare l’attenzione dei lettori creino titoloni ad effetto in cui sbattere il mostro infermiere in prima pagina, salvo poi, se si ha la pazienza di leggere l’articolo scoprire che si trattava di altre figure professionali, che nulla avevano e hanno a che spartire con la nostra.

Da notare, invece, come qualora degli infermieri si siano distinti in azioni meritorie nei titoli anziché la menzione agli infermieri viene spesso fatta ad altre figure apicali, come quella dei medici. In tutto questo il Presidente della FNOPI, la Dott.ssa Barbara Mangiacavalli, ha più volte richiesto alle istituzioni, così come agli organi di stampa una maggiore attenzione e rispetto per le migliaia di professionisti, senza i quali il nostro sistema sanitario soccomberebbe.

A noi tutti, infine, non resta che fare le dovute considerazioni, evidentemente dobbiamo colmare delle lacune, quanto meno nel campo comunicativo e impegnarci su più fronti perché la professionalità emerga almeno tanto quanto l’aspetto empatico che ci contraddistingue e che i cittadini ci riconoscono da sempre.

 

Rosaria Palermo

 

Fonte

www.statnews.com

 

 

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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