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Aggressioni al personale sanitario: “Prevenire è meglio che reprimere”.

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Olindo Cazzolla
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Lo dice il penalista Olindo Cazzolla, consulente legale della Siiet, da noi interpellato sull’argomento.

«La chiave non è tanto nella repressione, quanto nella prevenzione». Parola di Olindo Cazzolla (foto), penalista barese di stanza a Roma e consulente legale della Società italiana infermieri emergenza territoriale (Siiet). A lui abbiamo chiesto un parere sulla questione delle sempre più frequenti aggressioni subite dal personale sanitario. Anche alla luce di quanto accaduto qualche giorno fa all’ospedale Vecchi Pellegrini di Napoli, dove la morte di un 16enne per ferite da arma da fuoco ha innescato la reazione violenta dei parenti, che hanno devastato il Pronto soccorso.

«L’ultimo episodio di Napoli – dice l’avvocato – dimostra che la situazione è ormai fuori controllo. Se davvero si vuole contenere il fenomeno, bisogna mettere in sicurezza i pronto soccorso e i presidi del 118, impedendo ai malintenzionati di accedervi. Come? Installando più barriere, telecamere, metal detector… I posti di polizia? Mi pare una soluzione poco praticabile, perché gli agenti sono insufficienti dal punto di vista numerico. Semmai, si dovrebbe fare ricorso a vigilanti adeguatamente formati».

Inevitabile una panoramica sul ddl contro la violenza sugli operatori sanitari e sociosanitari, recentemente approvato dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali alla Camera. Cazzolla comincia dal previsto inasprimento delle pene per gli aggressori: «Sì a pene più severe, purché certe ed erogate in tempi brevi. Il problema è che in Italia i processi penali durano anni. Senza dimenticare che gli aggressori sono quasi sempre soggetti mentalmente instabili o pregiudicati. Insomma, persone che non hanno nulla da perdere. Nel vero senso della parola: non hanno beni di proprietà; niente che si possa pignorare. Ne deriva che ottenere un risarcimento è pressoché impossibile. Per questo ribadisco che la prevenzione è più importante della repressione».

Il disegno di legge prevede anche l’obbligo di costituirsi parte civile per le aziende sanitarie nei procedimenti contro gli aggressori. «Nulla da obiettare, ma è importante che le aziende garantiscano pure l’assistenza legale ai dipendenti aggrediti», afferma Cazzolla, che infine si esprime sulla qualifica di pubblico ufficiale per gli operatori sanitari, negata dallo stesso ddl: «Allo status di pubblico ufficiale sono contrario anch’io. È un’arma a doppio taglio, perché comporta troppi oneri e rischia di rappresentare un pericolo, anziché un vantaggio. Piuttosto, ritengo opportuno che gli ospedali stipulino polizze assicurative per gli operatori, impegnandosi a pagare i relativi premi».

Redazione Nurse Times

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